10 IL FAGGIO Conoscenze e indirizzi per la gestione sostenibile in Piemonte |
La collana editoriale dei manuali di selvicoltura, nata nel 2000 con i Cedui di castagno, giunge al decimo volume, dedicato al faggio. Pare quindi opportuno soffermarsi sul percorso sin qui svolto: in dodici anni, con la preziosa collaborazione dell'IPLA (che ha curato la redazione di 9 volumi su 10), si sono descritte le caratteristiche ecologiche e gli indirizzi di gestione per le foreste più importanti del Piemonte: popolamenti di singole specie - castagno, robinia, faggio - o di aree ampie - i boschi montani di conifere, collinari, planiziali - cui si aggiungono due digressioni sul “fuori foresta» - pino strobo e arboricoltura da legno - e due volumi trasversali, uno sulle specie autoctone di alberi e arbusti, l'altro sulla classificazione dei boschi tramite la tipologia forestale. Uno strumento di divulgazione che ha consolidato nel tempo il suo ruolo e l'apprezzamento di tecnici, operatori e semplici appassionati, nell'ambito non solo piemontese. Il presente volume ha come oggetto il faggio: una delle specie forestali più importanti a livello europeo e italiano, che, secondo i dati della carta forestale regionale, in Piemonte copre 135.000 ettari, risultando così la specie più diffusa dopo il castagno. Forma estesi popolamenti puri nelle aree montane, dove per millenni ha fornito un contributo importante all'economia rurale, soprattutto come fonte di combustibile; la modalità di gestione tradizionale era quella del ("ceduo a sterzo" che prevedeva la coesistenza di polloni di diversa età sulla medesima ceppaia, per garantirne la vitalità e mantenere un'adeguata copertura del suolo. Nel corso del Novecento lo spopolamento della montagna ha portato al progressivo abbandono del sistema del ceduo a sterzo, rivelatosi peraltro poco compatibile con l'uso della motosega, diffusa dagli anni Sessanta; inoltre, già a partire dagli anni Cinquanta, le utilizzazioni forestali hanno subito un drastico calo, tanto che oggi la maggior parte delle faggete di origine cedua ha superato i 50 anni di età. Proprio l'età del bosco è un parametro fondamentale per definire i possibili scenari di gestione delle faggete: infatti, come rilevato sperimentalmente anche in Piemonte, le ceppaie di faggio hanno una capacità pollonifera che tende a esaurirsi una volta superati i 40-50 anni dal taglio precedente. Per la maggior parte delle faggete perciò non è più tecnicamente possibile riprendere il governo a ceduo, a meno di degradare il bosco; sono invece praticabili e remunerativi, grazie alle ingenti masse legnose accumulatesi, interventi selvicolturali che assecondino l'evoluzione dei popolamenti verso la fustaia, descritti in questo manuale. Il passaggio dal sistema ceduo a una selvicoltura basata sulla fustaia, per una significativa porzione delle faggete piemontesi, può portare ricadute positive sia dal punto di vista economico sia per le funzioni pubbliche - protettive, ecologiche, di fruizione - : si tratta di una sfida ambiziosa che coinvolge l'intero comparto forestale, in uno sforzo diretto verso la multifunzionalità e la a sostenibilità oggi richieste alle foreste. |
SOMMARIO Premessa 1 Diffusione e caratteristiche 2 Il faggio in Piemonte 3 Biodiversità delle faggete 4 La gestione 5 Il legno 6 Il faggio come specie ornamentale 7 Avversità biotiche e abiotiche 8 I prodotti forestali non legnosi Bibliografia Allegato: casi di studio |
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