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Augusto
Monti
Il "professore"
per antonomasia nasce a Monastero Bormida (allora in provincia di Cuneo
, oggi ad Asti ) , terra di langa al confine con l'Appennino ligure ed
il Monferrato, nel 1881. Due anni dopo, in seguito alla morte della madre
e a causa delle precarie condizioni economiche, tutta la famiglia si trasferisce
a Torino, dove il padre aveva già vissuto in giovinezza.
Nel 1904, compiuti gli studi classici, Augusto Monti si laurea in lettere
e dopo una breve esperienza nell'istituto tecnico "Pacchiotti" di
Giaveno, comincia ad inse gnare nei ginnasi e nei licei di tutta Italia
Bosa, Chieri, Reggio Calabria, Sondrio.
Profondamente
impegnato nella batta glia per il rinnovamento della società italia
na, incontra personaggi quali Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, Giuseppe
Lombardo Radice e collabora alle riviste più importanti dell'epoca(
"La voce", "Nuovi doveri", "Unità") scrivendo articoli
di argomento didattico educativo.
Con
la coerenza che fin dall' inizio ne contraddistingue la personalità,
parteci pa volontario alla Grande Guerra; fatto prigioniero dagli Austriaci,
trascorre due anni nei campi di Mauthausen e di Theresienstadt. Alla fine
del conflitto, torna immediatamente in cattedra e nel gennaio del 1919
ottiene il trasferimento a Brescia.
Giunge
infine a Torino nel 1924, professore di italiano e latino presso il liceo
classico Massimo D'Azeglio, dove insegnano tra gli altri Umberto Cosmo
e Zino Zini; qui , fino alla metà degli anni trenta diventa il
maestro di una straordinaria generazione di allievi quali Cesare Pavese,
Massimo Mila, Giulio Einaudi, Leone Ginzburg, Salvatore Luna, Giancarlo
Pajetta, Franco Antonicelli, Vittorio Foa, Tullio Pinelli.
In questo
periodo stringe un'intensa amicizia con Piero Gobetti ( "l'allie
vo che si fa maestro.."), che nel 1 923 gli pubblica il primo libro, "Scuola
classica e vita moderna"; nel frattempo, inizia a collaborare a "Rivoluzione
liberale", al "Corriere della sera" ed al "Baretti", collaborazioni
che cessano una dopo l'altro con l'avvento del fascismo.
Nel tempo libero che gli lascia la scuola scrive intanto il suo capolavoro,
"La storia di papà", saga familiare e dell'italia Risorgimentale,
che dopo una prima edizione uscita in tre parti dall'editore milanese
Ceschina tra il 1928 e il 1935, sarà pubblicata da Einaudi nel
1947 con il titolo "Tradimento e fedeltà", per diventare poi
definitivamente quindici anni più tardi "I Sansossi" (Gli
Spensierati). Intanto, nel 1 936, viene arrestato e condannato dal Tribunale
Speciale a cinque anni di carcere; rifiutatosi di firmare la domanda di
grazia che gli avrebbe valso l'immediata scarcerazione, tra- scorre tre
anni nei penitenziari di " Regina Coeli" e Civitavecchia.
Nel
1 939, in seguito all'amnistia generale, viene liberato e torna a Torino;
qualche tempo dopo, però, è costretto a lasciare
la città ed a rifu giarsi in campagna a causa delle perquisizioni
intimidatorie cui viene sotto posto in più occasioni.
Nel
secondo dopoguerra si dedica a tempo pieno all'attività di scrittore
e opinionista, collaborando alle pagine torinesi del quotidiano "['Unità".
Pubblica ancora due romanzi, "Ragazza i 924"e "Vietato
pentirsi", e la sua autobiografia di professore , "I miei conti con
la scuola", che in forma di bilancio traccia il quadro di un secolo di
scuola italiana.
Muore
, ottantacinquenne, a Roma nel 1966.
a
cura de "L'Araba Fenice"
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