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Elio
Arleri
Che cosa abbiano in comune la scienza farmacologíca e la disciplina della storia, non è ancora dato a sapere, ma la ricerca di presunte affinità potrebbe essere oggetto di uno studio interessante avente come proprio punto di partenza la città di Asti. Essa è infatti patria di due persone Gugliemo Ventura e d Elio Arleri condividenti entrambe la passione per i due campi del sapere umano apparentemente così inconciliabili. Del primo, cronista del XIII secolo, non è questo il luogo per parlarne; del secondo, invece, storico contemporaneo sì, se non altro perché venerdì 19 dicembre 2014, all'età di novanta tre anni ha raggiunto tutti quegli illustri personaggi su cui ha condotto meticolose ricerche, pubblicato opere e di fatto contribuito a perpetuarne la fama.
Elio Arleri, dottore in farmacia, lo ricordano ancora in molti quando, da dietro al bancone della farmacia in piazza San Secondo, serviva i clienti consigliandoli quando il farmaco non necessitava di prescrizione medica, ma pochi lo hanno conosciuto nella veste di ricercatore; eppure anche la storia della farmacia dove ha svolto la sua attività professionale è stata oggetto delle sue ricerche. Anzi, potrebbero essere state quasi sicurante queste a favorire, per uno di quei curiosi ed inspiegabili capricci del destino, l'incontro con un suo ideale antenato con il quale avrebbe poi condiviso sia il "lavoro" che la passione per gli eventi della vita sociale, cronaca o storia che essi siano: Guglielmo Ventura appunto che fu speziale in Asti e che lasciò ai posteri un importantissimo documento in cui viene raccontata la vita di quegli anni antichi: "Le Cronache" ancora oggi oggetto di studio. Ma le coincidenze potrebbero anche non finire qui innestandosi tra loro come in un gioco di matriosche. Agli scritti del cronista medioevale si deve proprio il primo documento storicamente accertato testimoniante una tradizione di cui gli astigiani sono ancor oggi, a distanza di secoli, sono fieri: il Palio che era già usanza consolidata nel 1275. Non si rischia di esser troppo lontani dal vero se, da questi presupposti, si affermasse che sia stata proprio la lettura di quella pagina che racconta di una corsa per certi aspetti anomala, perché disputata intorno alle mura di una città rivale e da poco vinta in battaglia, ad entusiasmarlo per l'argomento al punto da trasformarlo in un vero esperto in materia. Queste sue conoscenze gli conferiranno poi l'investitura dí prezioso consulente di molti comitati sempre alla ricerca di curiosi, interessanti ma sempre originali temi da proporre durante la sfilata che precede la grande rievocazione nella terza domenica settembrina. Caso curioso fu anche rettore del comitato palio del rione San Paolo che nel 1975, sette secoli dopo la prima citazione ufficiale dell'evento, sotto la sua direzione, conquistò l'ambito drappo. Per festeggiare ii successo fu data alla stampa una storia del borgo da egli stesso realizzata. Per continuare con la ricerca di coincidenze è possibile far notare quanto sia ragionevole supporre che Guglielmo Ventura esercitasse la sua attività di "speziale" proprio in piazza San Secondo; ciò lo si dedurrebbe leggendo i suoi scritti, troppo precisi circa avvenimenti accaduti nelle contrade ad essa limitrofe ed assai più vago riguardo ad altri che ebbero come teatro quartieri diversi; molto probabilmente la sua bottega fu proprio nei pressi dove oggi ha sede la farmacia in cui Arleri esercitò la propria attività, un edificio considerato tra i più antichi della città e sicuramente già esistente, almeno nelle sue strutture portanti, nel XIII secolo.
Sarà poi un segno del destino constatare che una delle opere maggiori realizzate da Elio Arleri, in collaborazione con altri ricercatori, è stata proprio: "Gli antichi cronisti astesi", un prezioso ed ormai rarissimo volume nel quale la parte del protagonista spetta proprio allo "speziale" medioevale affiancato ad un quasi omonimo Secondino Ventura e un più tardo Ogerio Alfieri. Andando oltre a queste supposizioni che ormai presentano aspetti di agiografia, si può con certezza affermare che il ricercatore astigiano abbia conosciuto il fascino della storia agli inizi degli anni 70, quando con Gian Giacomo Fissore e Sergio Nebbia fu socio fondatore del Gruppo ricerche astigiane. È da allora che la sua firma è presente su riviste storiche di primaria importanza come il bollettino dell'Accademia degli Immobili che si occupa di storia delle province di Alessandria ed Asti ed il Platano edito dagli Amici di Asti, in calce ad articoli di genere diverso ma sempre riguardanti la città natale e talvolta la sua attività come, ad esempio, una breve storia della farmacologia pubblicata alcuni anni or sono.
Tra le sue opere maggiori figura certamente, la traduzione del Codice Catenato, ovvero l'ordinamento legislativo del libero comune medioevale, anch'esso portato a termine con la collaborazione di altri studiosi. Oltre alla traduzione degli articoli lo studio propone anche un breve cenno di commento critico; non un'opera esaustiva, piuttosto uno sprone per altri studiosi ad approfondire. Insomma nella prospettiva attuale un vero e proprio guanto di sfida che, è auspicabile, qualcuno raccolga se non altro per rendere allo "sfidante" il dovuto cenno di onore. Tutto questo gli sarebbe dovuto se non altro per il fatto che questa sua passione per la storia non la tenne esclusivamente per sé, ma si ingegnò di divulgarla. Non soltanto fu docente di storia astigiana all'Utea, l'Università della terza età, ma soprattutto si industriò di mietere proseliti nelle scuole elementari convinto della necessità di instillare nei giovani la curiosità di scoprire le vicende di chi ci ha preceduto e quindi in conseguenza a quali scelte ed azioni dei nostri antenati il mondo si sia evoluto così com'è oggi. Una conoscenza necessaria, questa, ne era convinto, per diventare a pieno titolo protagonisti del proprio tempo.
Questo il passato, ma di sorprese lo storico - farmacista potrebbe ancora riservarne. Senza dar nulla per certo negli ambienti a lui vicini si mormorava già da qualche tempo di alcune monografie delle quali alcuni stralci sarebbero già circolati in fotocopie di manoscritti, poco più che appunti, quasi clandestinamente tra i colleghi addetti ai lavori. Esse riguarderebbero argomenti intorno aí passati giubilei e pellegrinaggi in generale; seppure non vi sia nulla di certo, non è da escludere che un giorno gli Astigiani recandosi in libreria possano trovarsi di fronte ad una nuova e gradita sorpresa, purtroppo postuma, riguardante la propria storia. Ma Elio Arleri non è stato soltanto un ricercatore, meticoloso annotatore di eventi passati, ma uomo che ha vissuto la storia; con i genitori durante gli ultimi due anni della Seconda guerra mondiale è stato protagonista di una delle pagine più drammatiche del conflitto e grazie all'aiuto prestato il computo delle vittime dell'immane tragedia è risultato ridotto. Erano due Ebrei provenienti dalla Croazia e quindi doppiamente ricercati, perché, oltre ad essere colpiti dalle leggi razziali, erano anche cittadini di un paese contro cui l'Italia era ufficialmente in guerra, almeno per un primo tempo.
Grazie a questa azione coraggiosa le cui testimonianze sono raccolte nell'Istituto di storia della Resistenza e della società contemporanea di Asti il nome Arleri figura nel museo dell'Olocausto a Tel Aviv.
a cura di Domenico Bussi
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