motore di ricerca
Diventa Fan su Facebook
cataloghi novità - Piemonte - Monferrato - Asticataloghi editorischede autorinotizie2022 Promozioni
Alcune proposte
Recensioni LA QUARANTADUESIMA CARTA
da ttL LA STAMPA sabato 23 agosto 2003

ASPETTANDO BARBABLU' NEL TEMPIO LIBERTY
Ipnosi, spiritismo, abbuffate fra il proustiano Grand-Hotel di Cabourg e una infernale Torino

Bruno Quaranta


Un romanzo-enciclopedia. Un'enciclopedia in forma di romanzo. Elisabetta Chicco, dopo i magnetici racconti d'esordio e dintorni ("Le ali di Mercurio" e "L'avventura di una suora"), offre una prova smisurata. Ossia oltremodo lunga - circa quattrocento pagine, ma il lettore non fugga, ancorchè, sappia, ad attenderlo non è un feuilleton . E ambiziosissima: sorretta (germinata, la "Germinazione" di Odilon Redon) dall'urgenza di tutto abbracciare, rappresentare, ritrerre, nominare...
Odori, sapori, moda e modi, architetture, spartiti... Una devozione all'esattezza, più che alla leggerezza, tra le virtù raccomandate da Calvino. Sulla fratina, in veste di specchi, i Flaubert, i Proust, gli Huysmans...
L'epoca qui restaurata minuziosamente (addirittura maniacalmente, dispoticamente) ha le stimmate del Liberty. Di respiro floreale in respiro floreale, dal Grand-Hotel di Cabourg-Balbec (La quarantaduesima carta esordisce in Normandia, fra le fanciulle in fiore) a Torino (torinese è Elisabetta Chicco), il labirinto che la città della Mole è: "Chi racchiudeva il mitico labirinto, se non l'uomo-toro, un Taurino, un Torinese?".
Potrebbe incuriosire un regista come Peter Greenway (e il fantasma di Billy Wilder, alias "Viale del tramonto", e un eco di Bunuel), questo inventario del mondo di ieri, gotico, necrofilo, cannibalesco, bulimoco. Di sicuro avrebbe affascinato un sulfureo signore - torinese d'adozione - quale Italo Cremona, che al "Tempo dell'Art Nouveau" dedicò una "passeggiata" sempre limpida e alla dissipatio humani generis un conte philosophique egregio, "La coda della cometa".
Siamo poco dopo il 1911, l'anno dell'Esposizione lungo il Po. Il dottor Edmondo Barbi, seppellite due mogli (tra "cadaveri e ricordi" oscilla), in vacanza a Cabourg assiste non a caso a uno spettacolo di illusionismo. Allievo di Cesare Lombroso. laico ma non materialista, è convinto che la scienza moderna debba scrollarsi di dosso le pastoie positivistiche, aprendosi al meraviglioso, all'incredibile. E dunque: su il sipario. L'attrazione serale è Erina, giovane sensitiva. Il padre, già attore del Grand Guignol, assicura gli astanti la virgo, una volta caduta in trance, "realizzerà il contatto con l'ignoto". Ciarlatano lui, non v'è dubbio. Ma la medium? Una sorta di vocazione forse l'accende, la eleva? Il chirurgo e necroscopo (e ipnotista) non esiterà a chiederna la mano: "Avrebbe potuto studiarsela giorno e notte, condurre esperimenti in condizioni di controllo, affinare su di lei le sue doti...". No, nessun'altra ragione lo sospinge a sposarla: le passioni di studioso e di sportivo (l'automobile e l'aereo) lo assorbono completamente, la vis sexualis, che pure c'è, tale deve restare, bnon generare la dipendenza dalla donna, basterà la settimanale visita a un'appareilleuse ad acquetare la natura...
A Torino, maturando le nozze, Erina è iniziata alla dimora Barbi, un castelletto neogotico-jugendstil sul limitare del Valentino. Intorno alla diafana figura danzano le ombre delle defunte spose, si indaga sulla morte fotografando le agonie, orbitano presenze mostruose ("La mostruosità vera antitesi della bellezza, altrettanto prodigiosa. La bruttezza ci offende, la mostruosità ci turba, come la bellezza"), lievita la favola di Barbablù, incombe un catartico destino infernale, in veste di demiurgi un maggiordomo-ceroplasta, eco del secentesco Zummo, e una nana. E' nelle viscere del palazzotto, varcata la porticina ornata della sentenza Neque sol per diem, neque luna per noctem (non sole nel dì, non luna nella notte), sul battente la quarantaduesima carta, immagine della conoscenza e dell'errore nella tradizione esoterica, che si annidano il pericolo e la salvezza (perché ogni salvezza che non provenga da dove ha luogo il pericolo è ancora sventura).
DSal sottosuolo ai piani alti, luminosi, per mano a un'ibrida, ripugnante creatura... La Grazia evangelicamente imprevedibile...Con ilarità ("l'ilarità delle tenebre" di un'ulteriore sua frequentazione, Victor Hugo), Elisabetta Chicco assiste, ricreandola, alla necrosi di un microcosmo, di un lacerto borghese. Ossessionato dai riti, incartapecorito, inesorabilmente isolato dalla città che sale (fabbriche, cinema, botteghe), le tensioni verso la modernità isterilite dalla verbosità e dall'inclinazione irredimibile al beau geste. Di convulsione in convulsione, di rantolo in rantolo. Sino ad annunciare: "Tout est mort" (a proposito di Art Nouveau, "Tout est mort" è un dipinto allegorico di Léon Frédéric).
E' l'orgoglioso proclama di chi - come la floreale signora - non ha dubbi: "Barbablù c'est moi".
Elisabetta Chicco

LA QUARANTADUESIMA CARTA

editore ROBIN
edizione 2003
pagine 384
formato 11,5x19,5
copertina plastificata con alette
tempo medio evasione ordine
ESAURITO

18.00 €
18.00 €

ISBN : 88-7371-012-3
EAN : 9788873710127
©1999-2024 Tutti i diritti riservati
Via Brofferio, 80 14100 Asti - Piemonte - ITALY
Cell +39 3490876581
Spedizioni corriere espresso in Italia e in tutto il mondo
Riceviamo in sede su appuntamento
P.IVA 01172300053 - Cod.Fisc. BSSVCN50C23B425R - REA AT-93224
ebussi50@gmail.com