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da
LA REPUBBLICA
sabato 9 ottobre 2004
LE CARTE DEL MARE NOSTRUM
Strumenti
per navigare, gli antichi portolani erano custoditi gelosamente dagli
Stati. Esce ora una raccolta.
Paolo Mauri
Mai
come in questi nostri anni il lavoro del cartografo si è fatto
precario. La guerra ha mutato il volto politico dei Balcani, l'Europa,
costruita prima più in piccolo, si sta allargando. Con buona pace
di LeGoff, la Turchia diventerà probabilmente europea e dunque,
se non certamente dal punto di vista fisico, le carte politiche dovranno
essere ridisegnate o almeno ricolorate.
Vale anche per il passato: le carte, nel tempo, sono lo specchio più
o meno fedele, più o meno fantasioso, non solo dei rovesci di potere
e del formarsi di nuovi stati ma anche dei commerci e dei costumi. Non
è necessario rifarsi alla stranissima carta di Cosma Indicopleustes
che racchiuse l'universo in una specie di bauletto, ponendo il regno dei
cieli in alto e sotto la Terra circondata dall'Oceano.
Una carta può anche essere largamente congetturale, obbedendo ad
una idea del mondo più che ad una reale esplorazione del medesimo.
Va ora in libreria un cospicuo, illustratissimo album pubblicato da Priuli
& Verlucca e scritto da Paola
Presciuttini dedicato alle Coste del Mediterraneo nella cartografia
europea 1500-1900. È un volume che ne segue altri, nella stessa
collana, che hanno avuto negli anni scorsi molta fortuna, a cominciare
da quello di Roberto Borri sull'Italia nell'antica cartografia.
George Braun e Franz Hogenberg, autori del cinquecentesco Teatrum
urbium, avevano dichiarato che era opportuno abbellire e completare
le carte con figure umane. La loro considerazione era sottile: siccome
i turchi erano allora una minaccia e le carte erano uno strumento per
conoscere i territori altrui, e dunque eventualmente per invaderli, la
presenza di figure era (o poteva essere, aggiungiamo noi, diffidenti)
un deterrente per gli islamici iconoclasti. Insomma gli infedeli avrebbero
avuto difficoltà a toccare (ed usare) una carta "impura".
Particolare che ci dice molto sulle distanze culturali e sulla difficoltà
di superarle giacché l'invenzione della tolleranza è affare
tutto sommato recante e con applicazioni non universali e soprattutto
non reciproche. In una poesia del giovane Carlo Porta si scherzava sulla
permalosità dei turchi che avevano messo in prigione un tale (lui
usa la dizione molto pregnante messo "a tecc", cioè sottotetto)
per aver fatto cadere gli occhiali al loro prete. Tornando all'iconoclastia,
non è argomento da prendere sottogamba: se l'avessero applicata
i cattolici la nostra sontuosa e meravigliosa pittura sarebbe stata costretta
a prendere altre strade e forse a tacere del tutto.
Nella Carta particolare del Mar Mediterraneo fatta da Francois Ollive
a Marsiglia nel 1662 e riccamente decorata con divinità marine,
si vede, in basso a destra raffigurato un Gesù seduto, a testimoniare
la città di Gerusalemme; luogo santo dunque, ma di una sola religione.
Trattandosi di carte che rappresentano le coste del Mediterraneo, si parla
molto e ovviamente di strumenti di navigazione. Così, viaggiando,
ciascuno arricchiva le carte altrui con annotazioni proprie e naturalmente
molte sono le vedute di città costiere e molte sono le descrizioni
delle isole. Anzi gli isolari, ci avverte l'autrice, costituiscono un
genere cartografico a se stante. Fu un fiorentino, Cristoforo Buondelmonti,
a dare il via, nel 1420, con un Liber Insularum Archipelagi dove
figuravano settantasette isole dell'arcipelago greco disegnate e colorate
su pergamena.
Nel 1527 l'arentino Tommaso Porcacchi pubblicò a Venezia L'isole
più famose del mondo che ebbe diverse integrazioni ed edizioni.
Se i portolani italiani avevano alle spalle la grande scuola olandese,
anch'essi influenzarono i cartografi di altri paesi: per esempio Ahmett
Muhiddin Piri, più noto come Piri Re'is. Nato a Gallipoli sui Dardanelli
verso il 1470, nipote del condottiero Kemal Re'is, era diventato un'importante
funzionario di Solimano il Magnifico, ma ad un certo punto era caduto
in disgrazia ed era stato giustiziato nel 1554. Racconta l'autrice del
nostro libro che a Re'is si deve una carta del mondo di cui è rimasto
solo un frammento custodito oggi al Topkapi di Instambul e un Libro del
mare di cui invece sopravvivono una trentina di esemplari (uno è
a Bologna). La conoscenza delle coste e in genere dei territori era considerata
dai diversi Stati un patrimonio da custodire gelosamente. Il Portogallo
e tre anni dopo la Spagna aveva fondato la Casa de Contractión
per accentrare la conoscenza nautica e custodire in gran segreto le nuove
conoscenze acquisite navigando.
Per tre secoli ci furono traffici di spie, copie clandestine vendute al
miglior offerente o donate a qualche potente per averne riconoscenza.
Nel 1502 Alberto Cantino, che rappresentava a Lisbona la Casa d'Este,
donò al duca di Ferrara un planisfero con tutte le nuove scoperte
geografiche, probabilmente una copia di quello custodito nel tesoro reale
trafugata in modo clandestino.
Soltanto nel 1823 quando ormai la supremazia spagnola era caduta ed era
subentrata quella britannica, l'Ammiraglio inglese decise di liberalizzare
la vendita al pubblico delle carte e presto tutti gli altri Stati si adeguarono:
era davvero cominciata una nuova era. Oggi la segretezza delle carte è
riservata agli impianti militari, ma anche in quel caso, ma anche in quel
caso, con le spie satellitari, c'é ben poco da tenere nascosto:
per la "disinformazione" capziosa restano sempre le risorse
della bugia sostenuta, fin che si può, con convinzione, come si
è visto nel caso del conflitto iracheno.
Alla fine il vagabondaggio tra le carte geografiche di secoli così
diversi, vale un viaggio virtuale o mantale persino avventuroso. Le città
disegnate appaiono talvolta agglomerati infantili, come Costantinopoli
in una antica veduta, quasi rattrappita in brevi confini, mentre, al confronto
Porto San Mauizio, in Liguria, sembra una metropoli. E ciascuno potrà
divertirsi a scrutare da vicino i luoghi che conosce per cogliere lo spessore
delle somiglianze e delle differenze, dei simboli o dei ritratti ripresi
dal vero. La geografia in fondo è un arte come opere d'arte molte
carte chiedono di essere guardate.
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