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dal LA STAMPA martedì 12 luglio 2011
"BROFFERIO, L'IRONICO GIACOBINO DELLE CAUSE PERSE"
AVVOCATO E POETA. Una nuova biografia rilancia la figura del più brillante oratore del Risorgimento
LORENZO MONDO
I 150 anni dal compimento dell'unità nazionale offrono l'occasione per ripensare agli anni del Risorgimento anche negli aspetti più controversi, comprese le figure dissonanti ed eccentriche che valgono tuttavia ad animare uno scenario complesso e meritano di ottenere giustizia contro ogni ingenerosa dimenticanza. Va accolta dunque con simpatia la biografia di Laurana Lajolo, Angelo Brofferio e l'unità incompiuta (287 pagine, 24 euro) pubblicata dalle edizioni Viglongo che tengono desto, con inalterata passione, l'interesse per la cultura piemontese. La vita di Brofferio è compresa tra il 1802, l'anno della nascita nel paese astigiano di Castelnuovo Calcea, e il 1866 in cui morì: quando l'unità italiana era ancora incompiuta, e non soltanto in senso geografico, come lascia intendere il titolo del libro. Le date estreme della sua vita includono un significativo spazio storico e ideale, dove si producono, nell'eco ancora viva della Rivoluzione francese, i moti costituzionali e le guerre d'indipendenza, fino alla proclamazione del regno d'Italia.
Il giovane Angelo, animato da spiriti giacobini e repubblicani, partecipa solo marginalmente ai grandi eventi. Nel '21 si accoda agli studenti che manifestano per lo Statuto al teatro d'Angennes. Dieci anni dopo finisce in carcere per avere aderito alla velleitaria cospirazione dei Cavalieri della Libertà. Non regge alle pressioni degli inquisitori e svela progetti e nomi della setta. Avrebbe ottenuto in cambio una promessa di clemenza da parte del re Carlo Alberto nei confronti degli affiliati. Ma non riuscirà a cancellare del tutto quella macchia, riesumata strumentalmente dai suoi nemici. Mostrerà il suo coraggio battendosi con l'arma più congeniale della penna e dell'eloquenza. Laurana Lajolo segue passo passo, basandosi sulle memorie divertenti ma farraginose dei Miei tempi, lo spiccarsi di Brofferio dalle dolci colline native, inseguendo il sogno di dedicarsi interamente al teatro sulle orme di Alfieri. Deve rassegnarsi invece a intraprendere la professione forense, senza distogliersi dalla scrittura, che trova sfogo esuberante nel giornalismo e nella poesia. E in ogni espressione della sua versatile personalità, porta il piglio del militante. Si batte per la libertà di stampa, per l'abolizione
dei privilegi nobiliari
ed ecclesiastici e della pena di morte. Come avvocato diventa protagonista di famosi processi: assume la difesa del generale Ramorino, accusato di essere responsabile della disfatta di Novara, senza potergli evitare la fucilazione; così, le sue arringhe non evitano una dura condanna all'eretico don Grignaschi, proclamatosi nuovo Messia. Brofferio appare in realtà un avvocato delle cause perse, anche quando sarà eletto al Parlamento e siederà nei banchi della Sinistra. Fierissimo anticlericale, intransigente difensore dello Statuto contro l'invadenza del governo, coltiva per l'unità italiana il mito di una improponibile guerra di popolo. Detesta il moderatismo e il sapiente pragmatismo
di Cavour, avversando la sua alleanza con la Francia e la spedizione di Crimea, salvo entusiasmarsi per i successi del Cinquantanove. Tra lui e Cavour, ovviamente, non c'è partita. La stessa Sinistra ne prende le distanze.
Ferdinando Petruccelli della Gattina, suo sodale, riconosce che è l'oratore più brillante della Camera, che sa incantare con la sferzante ironia e il gusto inventivo del paradosso, tanto da catturare l'attenzione dei più malevoli «soprattutto quando ha torto, ciò che gli avviene sovente». A tradirlo, è la compiaciuta foga tribunizia: «Sventuratamente egli è restato polemista e poeta anche in politica (...) Avendo tutte le qualità per essere il capo della sinistra, egli combatte da semplice granatiere». Nonostante la sua vivace azione di pungolo, finisce per rivelarsi innocuo: se Carlo Alberto perdonò il Brofferio nei panni di dubbio rivoluzionario; Vittorio Emanuele II non si adontò delle sue intemperanze fino a commissionargli una Storia del Parlamento Subalpino. A conti fatti, Brofferio dura nel tempo per aver sublimato i suoi sentimenti e risentimenti nelle forme dell'arte. Le Canzoni piemontesi (qui esaminate in appendice da Vittorio Croce) che affiancano i teneri e giocosi sensi amorosi alla mordace satira politica, compongono il più significativo monumento elevato nell'Ottocento alla lingua e alla poesia della sua terra. |