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da
TRENTINO lunedì 28 ottobre 2002
IL VECCHIO DAVANTI AL CAMINO
Il
monologo di un contadino, il televisore spento, la memoria...
Alessandro Dell'Aira
Per Franco
Piccinelli, giornalista e scrittore delle Langhe trapiantato a Roma, la
campagna è lo scenario scelto, l'umanità che invecchia uno
dei temi preferiti. "Con le radici al vento" è il monologo
di un ultrasettantenne pieno di soldi, di origini contadine, che parla poco
con la moglie e si scalda davanti al camino. Qualche notte agitata per via
delle coronarie, giornate trascorse in poltrona senza giornali a specchiarsi
nel fuoco. Si appisola e si riscuote, guarda il ciocco che arde e si sofferma
sulla parabola dei matrimoni d'amore. Si sente ospite in un ambiente che
gli appartiene. Amministra braci e ricordi, all'azienda agricola pensano
i figli che vanno e vengono senza una regola. Non è poi così
a pezzi, a tre ore d'auto c'è l'Arena di Verona e il Rigoletto, eppure
non esce mai, viaggia da un letto all'altro e da una stanza all'altra di
una casa con i televisori spenti e i cellulari immobili come scarafaggi.
È spento anche il computer con quel suo filamento freddo collegato
alla ragnatela universale, non lontano dal fuoco del camino che ora è
connesso al cielo da un filo di fumo. Il vecchio non sa che farsene del
computer, parla con il fuoco attraverso gli occhi che sono porta dell'anima.
Sfoglia il passato e naviga dalla brace presente alla brace del camino della
nonna, dai tempi di sua moglie giovane come l'aglio ai primi approcci con
il futuro suocero ragazzo del'99, vedovo e vecchio che pesca nella tabacchiera
con le dita e si intorcia una sigaretta spostando il discorso sulla buonanima,
non la moglie no, il duce. Ora però il vecchio è lui, non
ha fatto guerre e non ha buonanime sottomano. "Non vuole nemmeno vedersi
da giovane in fotografia".
Il vecchio pensa, e a furia di pensare gli vengono in mente i carabinieri.
Quello dei carabinieri, con la vecchiaia, è un altro dei temi ricorrenti
nei romanzi di Piccinelli. Emerge quando c'è da estrarre fatti dai
ricordi e bisogna verbalizzare.
"Intendo
fornire subito risposta..." è il titolo di un capitolo. Brigadiere,
ha scritto tutto di quel mendicante che morì in casa nostra? Non
c'è niente da scrivere, c'è solo da ricordare senza parole
e senza verbali. Chi verbalizza ha bisogno di luce, il buio è di
chi pensa, siete mai stati al buio a verbalizzare? Quando in campagna si
risparmiava sulla luce elettrica, una casa con le finestre tutte illuminate
voleva dire due cose imminenti: o una nascita, o una morte. Nei campi e
nelle vigne si cantava, le mele non avevano bollini. Questo si sa, mentre
se uno si fissa su un tizzone sa cosa vede e non sa cosa penserà
tra un minuto. L'odore della cenere calda raggiunge la poltrona di una casa
senza desco, in mezzo a una campagna che non c'è più. Il vecchio
pensa alla Millecento e a quella targa che gli fruttò due ambi.
Riflessioni come faville, libere di schizzare dove gli pare. Nessuno che
guardi il fuoco è mai morto per un pensiero o una favilla stravagante.
Dietro a quelle faville c'è il passato del vecchio, e un vecchio
non sta dietro a tutto anche se è contadino di lungo corso. Il cuore
fa i capricci, le ombre danzano sulle pareti, vuol dire che il fuoco torna
ad ardere oppure... Oppure sarà per un'altra volta. Bisogna essere
sempre preparati.
Il libro è finito. Al lettore resta quel che resta a chi si alza
da una poltrona davanti a un camino con la brace che si fa cenere. Uno si
alza e apprezza la luce bassa e il silenzio della casa, se è notte,
o il rumore della strada, la forza della pioggia o la luce del sole, se
è giorno. Cosa ci resta, immagini in movimento, ipermedialità?
Pensieri stravaganti, faville? Leggere al fuoco del camino sarebbe il massimo,
ma se il fuoco non c'è non fa niente, c'è la luce naturale
o la luce elettrica bassa. Basta non accendere altro, una volta tanto.
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