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IL
SOLE 24 ORE domenica 25 luglio 2004
DEGUSTAZIONI NELLE SALE DEL RE
Un volume sulla storia della reggia che Carlo Alberto trasformò in
«enoteca regale»
Fernando Mazzocca
Il
sistema delle regge e delle residenze sabaude è sicuramente, insieme
a quello realizzato dai Borboni tra Napoli e Caserta, il complesso del genere
più straordinario esistente in Italia e tale da poter essere paragonato,
senza timore di sfigurare, ad altri esempi europei come i popolari castelli
della Loira, le residenze napoleoniche sempre in Francia, le ville degli
zar a San Pietroburgo. Una buona manutenzione o un appropriato riuso, come
studi adeguati, hanno saputo valorizzare, anche se non sempre allo stesso
livello, complessi come il Palazzo Reale di Torino, la Palazzina di Caccia
di Stupinigi, la magnifica Villa Reale di Racconigi con il suon fantastico
parco, il Castello di Agliè il cui fascino pressoché dimenticato,
se non presso pochi amatori, è salito adesso alla ribalta grazie
a un fortunato teleromanzo in costume, Rivoli (destinato a museo del contemporaneo),
mentre la Venaria Reale è ancora sotto osservazione in vista dell'utilizzazione
più adeguata.
In questo eletto gruppo un luogo rimasto a lungo sconosciuto, quasi segreto,
è stato il Castello di Pollenzo, singolare esempio del mecenatismo
e dei gusti di un sovrano discusso come Carlo Alberto. Tra i beni contesi
tra lo Stato italiano e gli eredi dell'ex monarchia, è passato nell'immediato
dopoguerra un lungo contenzioso che lo ha lasciato ai Savoia, in mani private.
Gestito per lunghi anni come se fosse stato un complesso militare, fu rigorosamente
interdetto, sino alla recente acquisizione e ristrutturazione su iniziativa
di Slow Food e la partecipazione della Regione Piemonte che lo hanno destinato
a sede dell'Università di Scienze Gastronomiche, a qualsiasi curiosità
del pubblico e persino degli studiosi. La sua conoscenza era mediata attraverso
le fonti ottocentesche, quando questo luogo aveva goduto di una grande fama.
Nel frattempo gli interni, magnificamente decorati, si erano andati deteriorando
mentre per quanto riguarda gli oggetti d'arte e gli arredi, veramente magnifici,
furono dispersi, soprattutto attraverso un'asta del 1993, nei percorsi non
sempre controllabili del mercato dell'arte, da cui è stato possibile
recuperare, in seguito a un tardivo intervento di notifica attuato nel 1996
e grazie alla generosità della Banca Crt, una serie di 74 tra mobili,
sculture e dipinti donati da questo ente al Mudeo civico d'arte antica e
al Palazzo Madama di Torino.
Sia andata come è andata, ora Pollenzo non è più quel
luogo misterioso che tutti gli appassionati dell'Ottocento sabaudo agognavano
di poter vedere. È stato radicalmente risanato per un uso (la citata
Università e la Banca del vino) in qualche modo collegato alla sua
storia, dato che il Castello e il "Reale Podere" erano stati realizzati
per volere di Carlo Alberto, tra il 1832 e il 1843, come un centro pilota
nella coltivazione attraverso i criteri più aggiornati dei cereali,
nell'allevamento e nella sperimentazione enologica. Dunque una splendida
fattoria modello dove si voleva soprattutto dimostrare che il Piemonte era
in grado di produrre «vini eccellenti, idonei a viaggiare e a presentarsi
con onore sulle tavole reali».
La riapertura dei cancelli di Pollenzo ha dunque reso possibile la realizzazione
di un monumentale volume, curato da Giuseppe Carità e a cui ha partecipato
il gotha degli studiosi piemontesi di varie discipline, impegnati con grande
entusiasmo ed eccellenti risultati a ricostruire la storia di questo luogo
illustrandone i molteplici aspetti, dell'età romana all'abbandono
novecentesco. Fondamentali sono i capitoli dedicati alla radicale trasformazione
dell'antico castello medievale appartenuto ai marchesi di Romagnano e da
loro trasformato in residenza fortificata, con abbellimenti realizzati tra
lo scorcio del Cinquecento e gli inizi del Settecento, in un castello neogotico
con alcuni ambienti riccamente decorati. Il grande cantiere vide come protagonista
l'estroso bolognese Pelagio Palagi che si era trasferito da Milano a Torino
dove venne utilizzato a Palazzo Reale e in altre residenze, in particolare
a Racconigi, come un vero artista di corte, responsabile degli interventi
architettonici, di quelli decorativi, del progetto pure dei magnifici e
innovativi arredi, per cui si avvalse di una straordinaria squadra di collaboratori.
Anche in questo caso, come documentano i bellissimi disegni acquerellati
conservati alla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, Palagi reinventò
con una grande sensibilità e fantasia di spazi architettonici esterni,
facendone una sorta di castello fattoria ideale, e interni affidando ai
collaboratori che si era portato da Milano, come il dotato Carlo Bellosio,
la realizzazione delle decorazioni, in particolare quelle bellissime e ben
conservate della Sala da Pranzo caratterizzate dall'estrosa rielaborazione
del motivo della grottesca. Lo stile neogotico caratterizzò anche
gli esemplari è altrettanto imponenti edifici di servizio, come il
«Foro», la Torre, i piccoli monumenti inseriti nel parco, come
la grande croce in marmo scolpita, e soprattutto la chiesa progettata da
Ernesto Melano secondo gli stilemi del gotico "flamboyant" particolarmente
gradito al gusto romantico del sovrano. Fu lui a voler inserire in questo
contesto revivalistico un capolavoro dell'ebanisteria tardogotica, gli stalli
lignei realizzati verso il 1530 per l'abbaziale di Straffarda. Come era
già avvenuto e avverrà altrove in casi simili, il mobiliere
di corte Gabriele Capello, già abilissimo esecutore degli arredi
progettati da Palagi, seppe magnificamente riadattare quei manufatti preziosi
caratterizzati da raffigurazioni mostruose ed estrosi motivi fiammeggianti
al loro nuovo contesto.
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IL SOLE 24 ORE NORDOVEST venerdì 25 giugno 2004
POLLENZO, LE RADICI SABAUDE DI SLOW FOOD
Gustavo Mola di Nomaglio
Recentemente
il nome di Pollenzo (Cn) è stato al centro dell'attenzione internazionale,
in occasione dell'inaugurazione, nello spettacolare contesto del borgo e
del castello reale pollentini, della splendidamente restaurata Agenzia di
Pollenzo. Fu creata nell'800 per volere di Carlo Alberto, quale centro direzionale
di un'azienda agricola, vitivinicola e zootecnica modello, con finalità
di sperimentazione e innovazione, non soltanto a beneficio di altre tenute
reali ma, in generale, dell'agricoltura e della zootecnica dello Stato sabaudo.
Il debutto della risorta Agenzia - idealmente continuatrice di originari
scopi all'insegna della qualità e genuinità - ha sancito la
nascita, ad un tempo, della prima Università di Scienze gastronomiche
al mondo, di un albergo lussuoso (ma dai prezzi contenuti), di un ristorante
di grido e di una "Banca del Vino". Il progetto ha preso l'avvio
sette anni fa su iniziativa di Slow Food, con la partecipazione
della Regione Piemonte, di altri enti pubblici - primo tra tutti il Comune
di Bra (Cn), del quale il territorio pollentino è parte - e di privati
imprenditori che, insieme, hanno investito a Pollenzo circa 22 milioni.
Non è azzardato supporre che lo scenario gotico caro a Carlo Alberto
diverrà uno dei poli vitali degli studi universitari e dello sviluppo
turistico in Piemonte.
Nel frattempo Pollenzo fa nuovamente parlare di sé per un'iniziativa
editoriale di pregio: la pubblicazione, a cura di Giuseppe Carità,
di un monumentale volume che la riguarda, illustratissimo e polidisciplinare.
I saggi che lo compongono, raccolti in capitoli tematici, affrontano in
particolare temi storici, architettonici ed artistici (anche con riferimento
a presenze in diversi musei di testimonianze archeologiche, opere d'arte
ed arredi di provenienza pollentina). Vari approfondimenti riguardano le
riplasmazioni e destinazioni ottocentesche, nonché l'attuale recupero
dell'Agenzia. Alcune schede monografiche contengono approfondimenti su specifici
aspetti, documenti, particolari architettonici.
I saggi che
lo compongono, raccolti in capitoli tematici, affrontano in particolare
temi storici, architettonici ed artistici (anche con riferimento a presenze
in diversi musei di testimonianze archeologiche, opere d’arte ed arredi
di provenienza pollentina). Sull’antica “Pollentia” hanno
scritto Liliana Mercando e Maria Cristina Preacco, sull’età
paleocristiana Egle Micheletto; il medioevo è oggetto degli studi
di Francesco Panero, Alberto Crosetto e Giovanni Donato. Sulla Chiesa di
San Vittore si soffermano Franca Dalmasso, Monica Tomiato, Guido Gentile.
Vari approfondimenti di cui sono autori Mirella Macera, Franca Dalmasso,
Silvana Pettenati, Gabriella Olivero, Livio Berardo, Laura Moro, Giusi Mainardi,
Gabriella Olivero e Giovanni Galletto riguardano le riplasmazioni e destinazioni
ottocentesche, nonché l’attuale recupero dell’Agenzia.
Alcune schede monografiche, elaborate da Elena Romanello ed altri, contengono
approfondimenti su specifici aspetti, documenti, particolari architettonici.
Vasto e trasversale l’impegno diretto del curatore, numerosi interventi
del quale sono pubblicati in tutte le parti del volume. |