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6 Recensioni IN ALTO SULLE LORO COLLINE

da LA STAMPA giovedì 7 maggio 2009

VICENDE DEI PIONIERI DEL VOLO ASTIGIANI

Enzo Armando


I pionieri del volo astigiani raccontati in un libro. Si intitola «In alto sulle loro colline» (Umberto Soletti Editore, 162 pp., 20 euro) il lavoro di ricerca compiuto da Maurizio Lanza, ufficiale dell’Aeronautica in congedo, su 81 aviatori che hanno solcato i cieli di tutto il mondo tra le due guerre mondiali. La maggior parte di loro ha perso la vita proprio volando durante i conflitti bellici o in esercitazioni o sorvolando il loro paese in segno di saluto, come accadde a Mario Casalone, precipitato a Castell’Alfero il 10 aprile 1936 a 19 anni.
Tra le scoperte di Lanza, quella che riguarda la lapide conservata al liceo classico «Vittorio Alfieri» a ricordo di Bruno Vittori, che partecipò alla guerra civile di Spagna e fu abbattuto alla Baleari. Nell’epitaffio si legge: «Nel cielo d Spagna il 29 aprile 1937-XV cadde eroicamente il capitano pilota Bruno Vittori, medaglia d’oro. In queste aule dove egli crebbe al culto sacro del dovere, il suo ricordo ammonitore dica perenne la bellezza sublime del sacrificio per il trionfo degli ideali ...». I puntini di sospensione indicano la scomparsa della parola «fascisti».

L’opera è corredata da numerose fotografie e documenti, alcuni inediti. A completamento del testo è stata inserita una sezione di araldica aeronautica con l’iconografia dedicata a distintivi, fregi, gradi, copricapi, medaglie e brevetti.

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da LA NUOVA PROVINCIA
martedì 17 marzo 2009

QUEL VALOROSO, INATTESO, EQUIPAGGIO DI COLLINA

Maurizio Lanza


Nulla, in luoghi come la provincia astigiana, pare collegato o collegabile alla grande tradizione del volo, sia del passato che del presente: i campi di volo, le accademie, i motori rombanti, i musei sono altrove. Sono lontani i campi dell'onore e delle battaglie, puri nomi su sbiadite carte geografiche. Sovente, nemmeno quello, perché la geografia dei nomi e dei luoghi cambia.
Ma, a dispetto degli inevitabili vuoti di memoria e della dispersione della memoria stessa, è importante per noi oggi far riscoprire quei ragazzi coraggiosi che da questa improbabile terra di fiumi e di colline hanno scoperto il volo e con una audacia temeraria hanno dedicato ad esso le loro vite.
In molti, nei primi decenni del secolo scorso, hanno compiuto quel meraviglioso ed audace gesto che era il salire su una macchina volante, noi abbiamo scelto di parlare, per testimoniarne il coraggio, di tutti coloro che nel corso di 50 anni sfidarono temerariamente lo spazio, sia in pace che in guerra.
[..]
La passione per il volo, le macchine volanti, le polemiche e le scommesse sul più pesante e sul più leggero dell'aria coinvolsero i nostri entusiasti ragazzi e li conquistarono in un brevissimo lasso di tempo, con una serie di eventi emozionanti che calamitarono letteralmente la pubblica attenzione nel primo decennio del secolo scorso.
La stampa dell'epoca riporta con accenti di autentica esaltazione i minimi traguardi e le eroiche avventure dei pionieri europei ed americani e sempre più spesso i loro caschi e gli approssimativi equipaggiamenti campeggiano sulle prime pagine dei principali giornali. Il vitalismo nietzchiano, la fiduciosa e positivistica fede nella scienza, la volontà di sperimentare il nuovo, l'enorme fiducia nelle umane capacità, si esprimono in Italia come in Europa ed in America nel primo decennio del secolo in una incondizionata fascinazione per la macchina, trovando nell'aviazione un simbolo ideale.
L'aviazione col suo brivido acuto di una morte, ahimè sempre allora incombente, veniva a rappresentare assai più del cavallo o dell'automobile, gli strumenti per antonomasia degli eroi degli anni precedenti, il mezzo più glorioso per ricondurre l'uomo alla bellezza eroica del gesto. C'è molto dannunzianesimo, spesso deteriore nelle pagine a stampa e nelle lettere di quel tempo, ma sottotraccia, il ricercatore di oggi non può non scorgere le note migliori di materie oggi molto rare.
Ben oltre l'estetismo c'è l'audacia, vera figlia del coraggio e della fiducia. Gli aviatori di quei primi anni ed ancor più della Grande Guerra fecero ben sentire tutto questo ad una nazione profondamente divisa e segnata da grandi conflitti sociali e da molti miseri egoismi corporativi e personali.
La loro lotta e la loro protesta, a torto od a ragione, si espresse in questo modo, delineando ed inseguendo un ideale a costo della vita. Osare l'impossibile, cogliere la grande sfida, porsi questo incredibile e nuovo traguardo fu una grande lezione di stile e di consapevolezza. Non costruirono ricchezza, non scoprirono formule, non progettarono nulla.
Insegnarono che il valore della vita consiste nel viverla con assoluta pienezza e determinazione. Considerata la tecnica dei veicoli già il pilotare uno di quei fragilissimi e rozzi velivoli era di per se un atto di autentico eroismo.
Non è possibile comprendere oggi quale sia stata la forza che li spinse nello spazio, in bilico fra il desiderio dei affrontare il pericolo e di raggiungere la gloria e il radicato senso dell'amor di patria per i combattenti; tutti furono legati dall'antic,a legge che fa della vita umana un costante esercizio di elevazione.
Altamente significativo a questo riguardo il detto famoso di un certo capitano Ferber: inventare una macchina per volare è niente, costruirla è poco, sperimentarla è tutto.
Negli anni successivi alla Grande Guerra, pur considerando il notevole progresso tecnico del mezzo aereo, non dirninuirono i caduti del volo, l'inarrestabile aspirazione a compiere imprese gloriose, record di quota, di distanza, di velocità... le sfide continuarono.
Infine nella seconda guerra mondiale, grande fu ancora il tributo degli aviatori, sovente anteponendo un autentico amore per il volo e per la patria alle esitazioni personali ed agli interrogativi sulla motivazione
della guerra e sulla dubbia adeguatezza della nostra macchina militare.

L'Aviazione in Italia
Dopo la positiva esperienza acquisita al tempo della guerra italo-turca per il possesso della Libia, il programma aviatorio italiano prevedeva per la fine del 1913 la formazione di 30 squadriglie, per un totale di 210 velivoli.
Le aziende interessate alla costruzione degli aeroplani, tutte italiane (non si sono più fatte ordinazioni all'estero perché i fondi disponibili provenivano da una sottoscrizione nazionale) furono diverse: Caproni, Macchi, Chiribiri, Gabardini, Asteria, Darbesio ecc, tutte certamente all'altez,za nella qualità produttiva.
Gli aerei erano previsti del tipo biposto per consentire la presenza di un osservatore benché in quel periodo fossero in servizio soprattutto monoplani come il Bleriot, Nieuport, Bristol e Farman. Il biplano era stimato per la visibilità, per la grande portanza ed il vasto campo di tiro. Il noto pilota Moizo ritenne utili entrambi. In verità gli aerei in costruzione erano quasi tutti di tipo straniero, anche se lo si pensava un fatto transitorio.
Il progresso venne eccitato mediante concorsi militari per aeroplani e motori. Traspare evidente l'ansia di renderci indipendenti dalla Francia, all'avanguardia nel settore aeronautico.
Il popolo italiano mediante una generosa sottoscrizione offrì, per le ali d'Italia, più di tre milioni e l'augurio fu che anche il governo integrasse questa cifra in maniera lungimirante... cosa che non avvenne.
Infatti nel 1915 entrammo in guerra con poche squadriglie per un totale di circa 80 aerei circa, nemmeno tutti efficienti! La seconda guerra mondiale fu preceduta da una straordinaria serie di memorabili imprese aviatorie che tanto prestigio conferirono all'Italia. Tuttavia l'elevata tecnologia acquisita, non supportata da un'adeguata capacità industriale, fece si che anche per questo secondo conflino l'Italia entrò in guerra con una modesta forza aerea, sia per l'aspetto numerico che qualitativo. Solo con estremo ritardo furono disponibili velivoli competitivi che tuttavia, per il Innitato numero prodotto, non influirono in alcun modo sulle sorti della guerra.
Quindi, come avvenne nella prima, così anche nella seconda guerra mondiale la nostra cronica insufficienza produttiva si rivelò un handicap insuperabile. Nella Grande guerra fu possibile superare il gap per la relativa facilità costruttiva, cosa che invece non fu possibile nel secondo conflitto.
Per tale situazione sempre i nostri piloti si trovarono ad affrontare l'avversario in condizioni di grande inferiorità numerica e tecnica ed il loro generoso sacrificio fu dolorosamente inevitabile.
Il puro dato statistico ci dice che nell'ultimo conflitto l'Italia costruì 10.000 aerei, mentre le altre potenze ne produssero un numero ben più rilevante come di seguito indicato:
Stati Uniti 300.000, Gran Bretagna 122.000, Germania 113.000, URSS 100.000!

IN ALTO SULLE LORO COLLINE
Pionieri ed Eroi del volo di Asti e Provincia - Nulla, in luoghi come la provincia astigiana, pare collegato o collegabile alla grande tradizione del volo, sia del passato che del presente: i campi di volo, le accademie, i motori rombanti, i musei sono altrove. Sono lontani i campi dell?onore e delle battaglie, puri nomi [..]
SOLETTI EDITORE - 2009
pp. 160
formato 17x24
brossura plastificato
20.00 €
15.00 €
9788895628035
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