DIMMI COSA BEVI E TI DIRÒ CHI SEI
di Antonio Guarene
La cucina di un Paese è espressione della sua civiltà e rientra direttamente nei valori della sua cultura. È per questo motivo che io diffido molto della capacità di tanti critici che privilegiano, nelle loro valutazioni, soltanto la fredda tecnica della cucina e la tipologia del ristorante, dimenticandosi che la cucina è "storia" e che i cibi e i vini autoctoni devono essere magnificati come i pochi valori elementari, insostituibili, radicalmente umani, che ci sostengono. Come ogni altra forma d'arte, anche la cucina nasce dall'energia creatrice degli uomini ed esprime gli aspetti e i significati con i quali si sono manifestati storicamente. Sono un amante della cucina per quella sorta di elevazione che ci procurano i sapori e i colori; trovo in essa una forma di sensualità, che spesso latita nella nostra vita. Tra i piaceri supremi, quello della tavola può far tacere, almeno temporaneamente, le disperate condizioni umane. Grande protagonista ne è il vino: i suoi colori, i suoi profumi, il suo mondo, la sua gente, i suoi umori danno una visione più allegra della vita. "In fondo al vino si nasconde un'anima", scriveva il poeta lirico Théodore de Banville.
Ci sono due concezioni che ne dominano il mercato. Da una parte l'ideologia dei piccoli produttori, i cultori sapienti del gòut du terroir, il sapore sul quale ha influito la natura del terreno di produzione e i cantori del vino, come espressione diretta della cultura delle antiche tradizioni del territorio in cui si è prodotto. Dall'altra, l'ideologia commerciale dei grandi produttori, i fautori della globalizzazione industriale, dei frenetici managers, degli esteti della barrique ed il vino che sa di legno.
Per me, mangiare bene vuoi dire anche bere bene. Amo solo quel vino che rappresenta ancora un rapporto che lega l'uomo ai prodotti nati dalla terra. Balzac diceva che il cibo è la parte materiale del pranzo, il vino quella spirituale. Quando lo bevo con gli amici mi dà la sensazione di vivere un rito antico. "C'è più filosofia in una bottiglia di vino che in tutti i libri", asseriva, nella metà dell'Ottocento, il chimico francese Louis Pasteur. Ricerche archeologiche hanno accertato che la vitis vinifera silvestris, aveva nella terra le sue radici già trecentomila anni fa. La Bibbia esalta l'importanza del vino non solo sul piano agronomico ma soprattutto nelle sue metafore ne riconosce l'aspetto prevalentemente culturale, allegorico e simbolico. Nel libro della Genesi il patriarca Noè è ricordato come colui che diede inizio alla viticoltura ma anche come colui che per primo esperimentò gli effetti inebrianti del vino. Noè piantò la prima vigna e dopo averne bevuto il vino andò in cimbali diventando il primo ubriaco della storia.
Anche gli dei trincavano. Li vediamo, nell'Iliade, seduti accanto a Zeus che li ha riuniti a consulto nelle auree sale dell'Olimpo. La splendida Ebe, la cui presenza allieta il convito, mesce loro il vino ed essi, rubizzi e già un po' ebbri, levano le loro coppe l'uno verso l'altro mentre contemplano pigramente dall'alto la città dei troiani. Pure Dioniso coltivò la vite e divenne nume dell'ispirazione e il dio del vino. Fu festeggiato con Tyocessioni folli e tumultuose, da satiri, menadi e virulenti priapi dal brando imperioso. I satiri, demoni dei boschi e della natura selvaggia, in gran parte umani ma provvisti di coda, orecchie da cavallo e zoccoli, si esibivano sbronzi in danze eccitanti con il membro virile, ribelle e incontrollabile, in perenne erezione in delirio per Afrodite, dea di prorompente bellezza, dell'amore, e della fecondità. Le menadi, ninfe della montagna, ballavano ebbre caracollando mentre suonavano il flauto, portando sulle spalle otri di vino. In Grecia, con il culto di Dioniso, il vino divenne fonte di verità (in vino veritas!) e nettare degli dei. Diede energia vitale e da que-sta, secondo il mito, derivò il termine vite. Platone indicò nelle libagioni di vino la premessa indispensabile per ogni seria meditazione filosofica. Bere e filosofare dovevano procedere di pari passo, quasi l'argomentare potesse trarre maggiore familiarità con il sacro. Dioniso fu il dio della terra vegetale, degli alberi sempre verdi, dei fiori e dei frutti. Presiedeva alla pigiatura e alla torchiatura, come ci mostrano i vasi greci su cui sono raffigurati i sileni; divinità minori di natura equina, grassi e calvi ma dotati di ironica ed equilibrata saggezza. Ignudi e costantemente ubriachi calpestano con ardore grappoli nel tino. Il vino unisce, familiarizza. In quel tempo persino i barbari più efferati conoscevano il brindisi dell'amicizia che i greci chiamavano filotèsia. Nella Roma antica esisteva invece la formula del Tibi propino, bevo prima di te per te, che si pronunciava nel porgere ad un amico la coppa già iniziata.
[..]
|
SOMMARIO
Il nostro vino quotidiano
Bere bene con moderazione per migliorare la qualità della vita
Maria Teresa Armosino
Il vino è storia, cultura, economia
Mario Sacco
Dimmi cosa bevi e ti dirò chi sei
Antonio Guarene
Come un saggio inizia l'apprendista ai misteri del vino
A cura dell' O.N.A.V.
La gioia di bere bene
Ercole Zuccaro
La costellazione dei D.O.C.
Michele Alessandria
Elogio del bevitore
Giovanni Arpino
Asti, una ricca e prestigiosa cantina
Paolo Guercio
Il vero amore
Franco Piccinelli
Il vino del cuore
Sergio Miravalle
L'elogio dell'astemio
Davide Lajolo
Il vino del barman
Beppe Sola
Il vino in cucina
Piero Bava
Le ricette del vino
Giovanni Goria
Il vino della memoria
Vanni Cornero
Il bevitore sacrilego
Livio Burato
Storie di vino
Gino Nebiolo
Asti capitale del vino
Gli indirizzi del vino
Il vocabolario del vino
A cura dell'O.N.A.V.
Abbiamo sfogliato |
aa.vv.
IL NOSTRO VINO QUOTIDIANO
editore SPETTATTORE LIBRI
edizione 2010
pagine 108
formato 22,5x21,5
brossura
tempo medio evasione ordine 5 giorni
15.00 €
12.70 €
ISBN :
EAN :
|
|