LA VERITA' OBLIQUA DI SEVERINO CASARA |
Severino Casara dichiarò di aver effettuato da solo, il 3 settembre 1925, la prima ascensione degli Strapiombi Nord del Campanile di Val Montanaia. La vicenda, che tanto ha appassionato l’opinione pubblica alpinistica, ha comportato per il protagonista due «processi» e un’intera vita all’ombra del generale sospetto, se non della precisa condanna. Se si prendono in considerazione solo i fatti storici, non si può arrivare a un verdetto definitivo, neppure nel 2009. Ma con gli occhi dell’interpretazione storica e con un’analisi avvincente e puntuale (e non solo oggettiva) dei fatti si può illuminare ulteriormente quella che si rivela essere sempre di più una «verità obliqua». IL DOPPIO MOMENTO 1925. Pervaso di ideali, esaltato entusiasta, nel pieno delle sue forze, un uomo di soli 22 anni cosa può decidere in quel momento di nebbia e solitudine, senza sapere ancora che è quello che conta e conterà nella sua vita? In un clima di guerra giusta e sacrosanta da poco conclusa per una grande patria, di nascente alpinismo eroico, di future ma assai pressanti definizioni di grado dell'estremo, un giovane non avvelenato dalla protezione a ogni costo cosa può decidere in una frazione di secondo? Ma è chiaro, Severino Casara sceglie di dare, generosamente sfida la sorte, perché a lui non può capitare. Buttare la vita, per cosa? Questa è la domanda di un protetto, di un avvelenato. Se le cose andarono come disse, di certo lui non lo fece, non si domandò un perché, dato che lui avvelenato non era. Il suo stesso racconto, i successivi riscontri, le molte testimonianze di altri (molti dei quali anche loro genuini e di certo non corrotti da protezione) furono causa di dubbio sulla veridicità di quanto da lui affermato. Quello stesso veleno buttato dalla porta rientrava dalla finestra, ma prima era stato assunto da altri, assimilato, poi sudato come in una sauna triste e fetida. Una sauna che doveva durare tutta una vita. Senza scampo. 1925. Ambizioso, esaltato, nel pieno delle sue forze e non si sa se più ingenuo o più astuto, un uomo di soli 22 anni cosa può decidere in quel momento di nebbia e solitudine, quando è l'occasione che fa l'uomo ladro, senza prevedere che poi qualcuno se ne accorgerà e vorrà punirlo per tutta la vita? In un clima di guerra da poco trascorsa, raccontata a suon di aneddoti eroici ma anche pietose menzogne per mascherarne la totale inutilità, quella terrificante inutilità della quale le canzoni di montagna sono ancora oggi lo specchio più fedele; in un clima di nascente alpinismo eroico e di future ma assai incombenti definizioni a gradi dell'estremo, un giovane così ambizioso cosa può decidere in una frazione di secondo? Ma è chiaro, Severino Casara sceglie di tentare il colpo. Poi però, quando si accorge che sta per buttare la vita, « per cosa? » si domanda l'avvelenato d'ambizione. E si ritrae, già pensando a rimediare con l'inganno. Se le cose non andarono come poi raccontò, allora dí certo lui pianificò il grande bluff, un'astuta commistione di fatti sostenibili e di deliri, cementata nei punti deboli da "comprensibili" amnesie finalizzate. Il suo stesso racconto, i successivi riscontri, le molte testimonianze di altri (molti dei quali anche loro poco genuini e di certo ambiziosi) furono causa di dubbio sulla veridicità dì quanto affermato da Casara. Quello stesso veleno distillato in un racconto di egocentrica fiction ritornava a boomerang, tronfio, orgoglioso di chiamarsi « verità ristabilita » e di certo poco incline alla pietà per un uomo che ha sbagliato. Un veleno che doveva impregnare l'ambiente di una vita intera. Una pena senza scampo. |
SOMMARIO Il doppio momento Primi sul Campanile L’avventura di Casara L’inchiesta Manaresi, 1930 Alla prova dei fatti Intermezzo L’appello del 1948 Le immagini La giustizia del Campanile Il verdetto Appendice Bibliografia |
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