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L'ULTIMA BIONDA
Chi non ha mai desiderato avere uno zio, magari un po' matto e imbroglione, ma grande affabulatore e protagonista di vicende mirabolanti quanto improbabili? Uno zio capace di raccontare di essere stato ricevuto da un discendente del Prete Gianni, di avere organizzato un colpo di Stato in Congo, di avere filmato le terga di Louis Armstrong, di avere visitato alcune città sulla Luna e di avere combattuto sulla pancia di una balena, solo per fare qualche esempio.
Emil, il giovane narratore di questo
racconto, ce l'ha questo zio, che
dalla poltrona del suo studio fode-
rato di libri e di volute di fumo confonde vita e letteratura, viaggi reali e viaggi immaginari. Emil si sente come "una nave in porto, ferma a contemplare la propria stiva" ma, ascoltando i racconti dello zio, impara ad accettame la lezione, ovvero che non è la letteratura ad imitare la vita ma è la vita che imita la letteratura. Che leggere e scrivere, ascoltare e creare sono atti inseparabili, le due facce della stessa moneta e che vivere equivale a tenere in tensione reciproca i fatti quotidiani e i miti che la letteratura ci trasmette.
Ma scrivere per Emil vuole dire anche un'altra cosa.
Scriveva Nietzsche nell'aforisma Ma perché poi scrivi?: "Io non sono di quelli che pensano con la penna inzuppata in mano, e ancor meno di quelli che si lasciano andare del tutto alle loro passioni di fronte al calamaio aperto, sedendo sulla poltrona e tendo gli occhi fissi sulla carta... scrivere è per me un'imperiosa necessità... io non ho finora incontrato altro mezzo per liberarmi dai miei pensieri.
L' "ultima bionda" libererà Emil dalla sua solitudine ma, nel medesimo tempo, lo "condannerà" a seguire il suo daimon.
PROLOGO

"Oggi coniglio!" (come a dire, oggi, domani non so dove mangerò) aveva detto zio Luciano, zio materno, di Taberna Frigida, quel giorno, avvicinandosi l'ora di pranzo. Le donne di casa, tre sorelle e tre cugine (adottate dalla nonna in quella casa a seguito di una funesta circostanza riguardante i loro genitori) ancora superstiti, pallide ma non sfiorite, religiosamente dedicatesi per tutta la vita ai pranzi dello zio (vivendo sacrificate e zitelle negli ultimi angoli della casa rimasti sgombri da carabattole), abbandonarono immediatamente le loro faccende, chi scattando all'improvviso, chi inciampandosi, chi scontrandosi l'un con l'altra, chi accennando uno sbadiglio, chi starnutendo e soffiandosi il naso, per occuparsi del coniglio che era da qualche giorno in frigo, come se, d'improvviso, quel coniglio morto, fosse diventato il centro dell'universo. Le zie da giovani erano state bellissime e avevano ricevuto centinaia di regali da certi bei fusti. Erano tutti ancora da aprire, in solaio. Non che non ne fossero state lusingate, ma chi avrebbe poi badato al piccolo Luciano? Se tutta la gente della loro generazione aveva sacrificato la propria vita a un'ideologia, loro di sicuro l'avevano sacrificata a un matto. Quando lo zio muoveva verso la cucina, subito quelle sei donnine (che per la quantità di detersivi che usavano per mantenere tutto così lindo, diceva lo zio, stavano all'ambiente come un plotone di SS a un gruppo rom), con i lunghi capelli bianchi raccolti dietro la nuca, gli preparavano un sentiero di fogli di scotex, che né si bagnavano né si sporcavano, ma la minima possibilità che lo zio potesse bagnarsi le pantofole era così scongiurata.
Mi era sempre piaciuto quel modo di fare dello zio, di ordinare ed essere obbedito senza comandare, quasi consigliando anzi.
[..]




Francesco Verrina Bonicelli

L'ULTIMA BIONDA

editore IMPRESSIONI GRAFICHE
edizione 2012
pagine 168
formato 14x21
brossura
tempo medio evasione ordine
2 giorni

12.00 €
10.20 €

ISBN : 978-88-6195-084-9
EAN : 9788861950849

 
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