PREMESSA
Agli alari del camino, a quel gruppo di poeti, Ij Brandé, che come gli alari appunto vogliono tenere viva la fiamma della cultura, della tradizione e della lingua piemontese, Armando Mottura si è mantenuto fedele lungo tutta la vita. Un anno dopo la costituzione della Compagnia de Ij Brandé, già lo troviamo, nel 1928, impegnato a collaborare, offrendo la sua vocazione poetica e drammaturgica agli ideali che caratterizzavano la fresca e coraggiosa impresa. La produzione poetica è stata pubblicata, mentre la produzione teatrale oggi è ancora parzialmente inedita e ben poche e introvabili sono le sparse pubblicazioni. Chi scrive questa breve nota ne è un poco stupito e non può che constatare il fatto che l'opera teatrale vive nella rappresentazione e, secondo un'opinione assai diffusa, non sempre reclama l'edizione. Pertanto accade che l'impegno continuo e fecondo di un autore sia talvolta trascurato.
Al teatro Mottura ha dedicato la massima attenzione, non soltanto coltivando assiduamente la drammaturgia, ma anche pubblicando molte brevi note che, nell'insieme, formano un interessante corpus teorico relativo alla natura e alle vicende del teatro in piemontese.
Il suo è il mondo degli umili; soprattutto nel dopoguerra e poi ancor di più nelle sue ultime sei poesie raccolte in E adess pòvr òm (1969), in cui ha considerato la tradizione quale parte costitutiva di quel mondo, la sua verità che si rivela pienamente nella sua lingua. La Valle di Susa, e Oulx in particolare, accanto a Torino, disegna la prediletta geografia poetica. Amore di montagne, della loro bellezza e della loro dura storia, insieme al lavoro di operai, di contadini e di piccoli borghesi, costituiscono la fonte della sua ispirazione.
Nelle poesie, nei racconti e nei testi teatrali si rincorrono costantemente tali temi: si pensi a La rova, un breve racconto pubblicato ne "Ij Brandé" del primo dicembre '47 che contiene in nuce il primo atto di E la rova a l' é ancantasse, rappresentato l'anno successivo al Gobetti.
Venendo ora a considerare il suo teatro, dobbiamo tenere in conto accanto all'affetto e all'attenzione che riserva al mondo dello spettacolo, anche la volontà di concorrere a edificare un teatro piemontese e popolare. Per queste ragioni, più che discorrere delle opere che il lettore troverà nella presente edizione, conviene che ci si soffermi sulle rappresentazioni, vale a dire sul mondo degli attori e delle compagnie che le hanno sollecitate e rese possibili.
Al "tempio" del teatro piemontese, il Rossini, così come alle filodrammatiche torinesi e alle tante altre sparse in tutta la Regione, accorreva un pubblico prevalentemente piccolo borghese e popolare, assai più numeroso di quello che frequentava il teatro in lingua italiana; lo stesso pubblico familiare che gremiva il teatro di via Principe Amedeo - l'ex D'Angennes - delle marionette Lupi. Molte volte Mottura scrive che il suo teatro vuole essere popolare e funzionale al circuito delle compagnie teatrali. Il lettore riconoscerà, leggendo le opere che qui si pubblicano, che cosa significhi popolare quando, come in questo caso, si voglia andare ben oltre il populismo che ripetutamente e ancora oggi dilaga: significa conoscere il pubblico cui ci si rivolge, condividerne la lingua, gli ideali, le ansie, la storia; nutrire speranze, ricercare un teatro di verità.
La virtù della speranza ha nutrito per circa quarant'anni questa sua fedeltà.
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INDICE
Premessa
Nota al testo
Nota biografica
ROSSÒT
L'AMOR DIJ GIOVO
... E LA ROVA A L'É ANCANTASSE...
CREATURE
PEUL SEMPRE DESSE!
QUARANTOTTENNE BELLA PRESENZA...
GIRÒ FANTASIA
La grafia piemontese moderna
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Armando Mottura
TEATRO
editore CENTRO STUDI PIEMONTESI
edizione 2009
pagine 560
formato 18x25,5
brossura
tempo medio evasione ordine 5 giorni
20.00 €
18.00 €
ISBN : 978-88-8262-151-3
EAN : 9788882621513
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