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A TAVOLA CON IL RE
trattato di gastronomia
PREFAZIONE

Verrebbe da pensare, sfogliando le pagine di Giovanni Vialardi, a qualcuna di quelle grandi tele che, in differenti epoche, hanno "raccontato" i prodigi della gastronomia. Al Banchetto in casa del borgomastro Rockox, uno dei dipinti più famosi del Francken, oppure alla ugualmente celebre Colazione di canottieri di Renoir. E certi piatti paiono suggerire visioni come quella di Hogarth quando raffigurò il Banchetto elettorale. Tavole imbandire, in un'allegra confusione ma, più ancora, sovrabbondanza di portate oltre ogni limite, piatti stracolmi, quasi assurdi per noi, in un'epoca in cui, per una serie di circostanze, si tende a mangiare sempre peggio e sempre più rapidamente. Hogarth ignorava ovviamente il fast food e, conoscendolo, l'avrebbe considerato alla stregua di una tortura per lo stomaco.
In Vialardi e nelle sue ricette si ha la vertigine per il gusto e, a volte, si scopre il piacere dell' esagerazione. Nell'insieme, il suo testo, e ciò non ci sembra affatto trascurabile, assume da un lato il sapore d'un fatto letterario e, dall'altro, diviene specchio del costume di un'epoca, documento. Sono le dosi della maggior parte di queste ricette che devono forzatamente essere ridotte al momento dell'esecuzione, ossia del passaggio dalla teoria alla confezione pratica. Il motivo dell'esagerazione è abbastanza facilmente spiegabile: il Vialardi si rivolgeva alla grande tavolata tipica della famiglia patriarcale, oggi scomparsa. Oggi la madre, in genere, non ha troppa voglia di darsi da fare con le pentole; il marito, distratto dalla tv, non collabora, i fìgli sono in giro e mangiano in pizzeria. La cerchia patriarcale è così svanita per sempre, irrimediabilmente. Il Vialardi, nato quando l'Ottocento sorgeva, non lo poteva prevedere. Quando ci parla - quasi ci prescrive - un ettogrammo di burro, ci sgomenta. Per noi, una tavola piccola, con due o tre persone, tutto quel butirro - come può venirgli in mente di chiamarlo - è un insulto al colesterolo, minaccioso come un iceberg rovesciato sulla tavola. Che l'autore di queste ricette appartenga all'altro secolo è del resto rivelato di frequente dal linguaggio; quando dice di tramenare vuoi dire in realtà "rimescolare e quando raccomanda di conservare il tutto in luogo fresco ci costringe a ricordare che, allora, il frigorifero non era ancora stato inventato e le nostre bisnonne, quando potevano, comperavano il ghiaccio a blocchi, poi lo sistemavano con un po' di stracci sul lavello e gli ponevano sopra, o accanto, quanto doveva essere mantenuto fresco, ossia conservato. I surgelati erano più lontani di quanto non lo fosse l'America alla fine del Duecento. Con i sistemi di allora le carni non dovevano poi risultare sempre freschissime, da ciò l'esigenza di "ravvivarle" con sapori forti, di profumarle, di aromatizzarle, e l'uso che il Vialardi fa del tartufo è encomiabile ma tanta abbondanza sbalordisce. Doveva, il tartufo, essere allora più accessibile, senz'altro meno caro, ma va pur tenuto conto del fatto che l'autore, solito a muoversi nella cucina del re, non aveva poi troppi motivi di preoccuparsi nel fare economia. Non manca, nel Vialardi, il consiglio sul modo più opportuno per allevare in casa, o vicino a casa, polli e conigli in modo da poter usufruire di un facile approvvigionamento per quanto concerneva le carni.
Carlo Alberto qualche problema di stomaco lo aveva, non così Vittorio Emanuele II, buongustaio, ottimo bevitore, amatore e cacciatore. Ecco perché il Vialardi ad un tratto sembra passare a piatti più consistenti. Il ricettario, dato alle stampe nel 1854, quando Vittorio Emanuele aveva trentaquattro anni (e il Vialardi ne aveva cinquanta) non poteva tener conto di quanto sarebbero stati "robusti" i gusti del futuro "Padre della Patria", ma, inconsciamente, li anticipava. Vialardi non s'accorge, di certo, di annotare talvolta osservazioni e consigli sfumati d'ironia; usa, cioè, un linguaggio che diverte, che fa sorridere, come quando ci fa sapere che il cinghiale "ucciso dopo una lunga corsa è migliore del porco " e quando ci parla del tasso le cui carni sono, a suo giudizio, inferiori a quelle del maiale; comunque "si cucina come il porco". Ugualmente non può mancare il sorriso quando spiega come si prepara il cappone: ".. piccategli bene lo stomaco e le coscie con pezzetti di lardo tagliati grossi come una penna da scrivere e lunghi tre dita... " Il risultato è festoso e piacevole, la lettura affascinante, sia per chi tenterà di preparare un menù diverso seguendo la ricetta che maggiormente lo attrarrà, sia per chi, semplicemente, leggerà il ricettario quasi muovendosi in un impianto narrativo, per il piacere di andare in cerca della tavola perduta.

RENZO ROSSOTTI
 
 

INDICE

Prefazione
Della Cucina ossia Gastronomia

Articolo 1°

Avviso importante sul brodo

Articolo 2°

Hors d'Oeuvres

Articolo 3°

Avviso indispensabile per le zuppe

Articolo 4°
Delle salse

Articolo 5°

Delle guerniture

Articolo 6°

Dei composti grassi e magri

Articolo 7°
Delle uova

Articolo 8°

Delle fritture grasse

Articolo 9°

Delle fritture magre

Articolo 10°
Del bue

Articolo 11°

Del vitello e della vacca

Articolo 12°

Dell'agnello e del capretto

Articolo 13°
Del maiale o porco e cinghiale

Articolo 14°

Del daino, cervo, capriuolo e camoscio

Articolo 15°

Della selvaggina a penne

Articolo 16°
Della volaglia

Articolo 17°

Del pesce d'acqua dolce

Articolo 18°
Della verdura

Articolo 19°

Dei freddi

Articolo 20°

Della pasticceria e relativa confetteria

Articolo 21°
Conservazione delle sostanze alimentari

Articolo 22°

Della omeopatia



 




Giovanni Vialardi

A TAVOLA CON IL RE

editore IL PUNTO - PIEMONTE IN BANCARELLA
edizione 2000
pagine 190
formato 11x17
brossura
tempo medio evasione ordine
ESAURITO

7.00 €
7.00 €

ISBN : 88-86425-75-9
EAN : 9788886425759

 
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