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SANTUARI A REPIT
Il rito del "ritorno alla vita" o "doppia morte" nei santuari alpini
Un tempo la morte di un bambino era frequente ed elaborata dalla mentalità di allora. Ma il decesso prima del battesimo condannava il piccolo defunto al limbo, spazio dell'Aldilà mai veramente accettato dai fedeli. A queste creature non era concessa neppure la sepoltura in terra consacrata; interrate in luoghi incolti, lungo i fiumi, fra le rocce dei monti, il loro spirito - secondo le leggende - vagava in cerca di pace e tornava a tormentare i viventi.
Il desiderio di dare ai propri figli la salvezza dell'anima è all'origine del rito e dei santuari del «ritorno alla vita», che gli studiosi francesi hanno chiamato à répit, del respiro, e altri della «doppia morte» o della «morte sospesa». In questi loca sancta compassionevoli cortei portavano i piccoli che non avevano visto la luce, o avevano chiuso gli occhi nei primi istanti di vita. Non c'era stato il tempo per battezzarli, l'acqua lustrale del primo sacramento non aveva lavato il peccato originale e la loro anima, pur senza colpe personali, era destinata a uno spazio liminale, ai bordi dei luoghi dell'Aldilà, dove non avrebbero sofferto le pene infernali, ma la privazione della vista di Dio.
I santuari del ritorno alla vita sono piuttosto rari in Italia, ma le Alpi occidentali ne annoverano diversi, dedicati alla Madonna e ad alcuni santi. Sono frequentemente localizzati in luoghi appartati, su alture, in vallette, nei boschi, ma anche in zone collinari, sovente awolti in silenzi scanditi solo dal rumore dell'acqua: tramandano intatto, pur con differenti manifestazioni devozionali, il loro spirito.
Davanti alla santa immagine che abitava il luogo, si posava - con infinita speranza - il piccolo morto e - fra preghiere e promesse - si imploravano i celesti protettori perché ottenessero da Dio un miracolo di tenerezza, che attuasse il rovesciamento della situazione, permettendo al bambino di tornare in vita, soltanto il tempo di un respiro. Breve istante fra morte e morte, sufficiente per entrare nella luce dei beati.


Il fenomeno della vita è stato sempre al centro dell'attenzione di ogni comunità umana. Vita in senso biologico (conservazione dell'individuo e della specie) e vita in senso sociale (conservazione della comunità in ogni suo aspetto e modalità organizzativa). Vita e morte sono, dunque, gli assi portanti di una logica della condizione umana che implica opposizione e inclusione al tempo stesso. Non si può pensare alla vita senza un rimando alla morte e viceversa. Tutte le società - comprese le più arcaiche - si sono dotate, pur in forme rudimentali, di dispositivi simbolici in grado di rappresentare se stesse secondo sistemi di significato condivisi, in uno sforzo incessante di mettere ordine al caos della Natura. La legge dell'entropia naturale (distruzione e dissolvimento) è stata così contrastata da una contro-entropia culturale fondata su di un ordine rassicurante, governato e legittimato da regole. Essere nel mondo vuol dire costruire e rinforzare l'appartenenza a comunità di uomini che vogliono vivere oltre la morte biologica, vera grande paura di annullamento, attraverso la rinascita sociale e spirituale. Il legame con la dimensione ultima, escatologica, che salva dall'annientamento di sé e del gruppo di appartenenza, è alla radice della scintilla «re-ligiosa» che mette in relazione con l'ulteriorità del trascendimento. Latente o manifesta che sia, è da ascriversi tra i bisogni fondamentali dell'uomo da cui scaturiscono, parafrasando il linguaggio antropologico di Malinowski, bisogni derivati e risposte culturali ai bisogni stessi. Legame, quindi, con una vita «altra», dotata del potere di confermare e donare senso alla vita biologica. Ma le due o tre dimensioni (biologica, sociale, spirituale) della vita non possono essere rappresentate separatamente. Esse si richiamano reciprocamente in un rapporto ad includendum che fornisce ampie> giustificazioni di senso e consente di rendere questa vita di sofferenza e di privazione una possibilità di vita accettabile. Il frutto della conoscenza come sapere assoluto, onniscienza, dominio incondizionato sulla natura, non appartiene agli uomini comuni che ne sono esclusi.
SOMMARIO

PREFAZIONE
Annibale Salsa

PREMESSA

Capitolo I
BREVE COME UN RESPIRO

Capitolo II
ORIGINI E DIFFUSIONE DEL FENOMENO DEL RÉPIT

Capitolo III
FONTI E STORIOGRAFIA DEI SANTUARI A RÉPIT

Capitolo IV
LO SVOLGIMENTO DEL RITO

Capitolo V
L'ATTEGGIAMENTO E IL RUOLO DELLA CHIESA

Capitolo VI
LE ALPI MARITTIME E COZIE, IL MONREGALESE E LA VALLE DI SUSA

Capitolo VII
LA VALLE D'AOSTA

Capitolo VIII
LA DIOCESI DI NOVARA

PER CONCLUDERE

Santuari del répit delle Alpi occidentali
Santuari del répit documentati nelle Alpi occidentali
Altri santuari del ritorno alla vita in Italia
attualmente attestati

BIBLIOGRAFIA




Fiorella Mattioli Carcano

SANTUARI A REPIT

editore PRIULI & VERLUCCA
edizione 2009
pagine 224
formato 14x21,5
cartonato con sovracoperta plastificata a colori
tempo medio evasione ordine
ESAURITO

14.50 €
14.50 €

ISBN : 978-88-8068-441-1
EAN : 9788880684411

 
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