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LE RICETTE DELLA TRADIZIONE
Valli Chisone e Germanasca - Ricette tipiche in 4 lingue

EDIZIONE QUADRILINGUE

ITALIANO

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FRANCESE
TEDESCO


Con vivo piacere, in qualità di Dirigente Scolastico reggente dell'Istituto Comprensivo "C. Gouthier", incarico che non ho richiesto ma che mi onora, mi appresto a dare il via alla ristampa di un lavoro importante, ricco di contenuti e presentato in una forma eccellente, frutto dell'impegno di un notevole gruppo di alunni e della dedizione di un ottimo team di insegnanti della scuola media di Perosa Argentina.
Molti anni fa ho avuto il privilegio di svolgere la mia attività di insegnante in questa scuola. Tra i banchi della Gouthier ho imparato molto, ho conosciuto persone stupende, ho vissuto in un ambiente sano e attivo, fondamentale per far emergere il meglio dai ragazzi a noi affidati.
Trent'anni dopo sono tornato tra quegli stessi banchi in veste di Dirigente Scolastico ed ho trovato la medesima atmosfera. La tradizione della Gouthier non viene smentita: si continua a lavorare al meglio, - compatibilmente coi mezzi a disposizione - per educare ed insegnare, i due obiettivi principali della scuola media.
Un ringraziamento finale, quindi, va senz'altro agli alunni e ai docenti, ma anche alle Amministrazioni Comunali di Perosa Argentina e Pinasca, che con il loro prezioso contributo hanno permesso questa ristampa.

IL DIRIGENTE SCOLASTICO
Prof. Giovanni Ventre
RICETTE TRADIZIONALI DELLE VALLI CHISONE E GERMANASCA

L'antica cucina della Val Chisone e Germanasca è simile a quella delle vallate alpine confinanti, in quanto basata su pochi ingredienti forniti dalla povera agricoltura montana e dall'allevamento.
Si cercava di sfruttare al meglio tutto ciò che la natura metteva a disposizione, trasformando risorse povere e inusuali in alimenti. Venivano utilizzate tutte le bacche commestibili, i fiori di campo, l'olio di noci, le castagne e il grano saraceno che costituiscono la base della cosiddetta "cucina della sussistenza".
L'alimentazione nel passato era costituita da patate, polenta, minestre, formaggio, uova, cereali in particolare segale e grano saraceno, verdure; solo nelle occasioni importanti venivano consumati i prodotti della lavorazione del maiale che ogni famiglia allevava per l'autoconsumo: salame, sanguinaccio, ventresca, cotenna e salsiccia. La carne del maiale veniva consumata in quantità minime soltanto nel periodo del "festin". Molto raramente si mangiavano pasta e riso. Il mais non era coltivato nelle valli: era quindi necessario acquistarlo in pianura. Era perciò comune cucinare la polenta utilizzando la farina di grano saraceno al 100 %, oppure mescolata con la farina di mais.
Era anche consuetudine allevare animali da cortile (polli e conigli) e consumare selvaggina. I cacciatori erano pochi perché è probabile che non fossero molte le persone che potevano permettersi di acquistare un fucile; si praticavano, invece, più comunemente sistemi poveri di caccia, mediante l'uso di trappole e tagliole.
La cacciagione disponibile era abbondante: la lepre, la pernice, il fagiano venivano cacciati per la carne, la faina e la talpa per la pelle. La pesca era poco praticata: i pescatori veri e propri erano rari. La raccolta di prodotti vegetali spontanei costituiva un importante integrazione alimentare in estate e in autunno. Si raccoglievano e cucinavano i funghi, di diverse varietà, si mangiavano fragole e mirtilli, more e lamponi.
L'allevamento degli ovini e dei caprini, inoltre, contribuiva al sostentamento familiare e forniva i prodotti caseari tipici.
Le forme di "tuma", "tum(m)a", del diametro di circa 30 cm erano comuni in tutte le vallate alpine, invece le piccole formaggette con forma cilindrica di ridotte dimensioni (4 cm di spessore, 5-6 di diametro) erano tipiche dei valloni di Grandubbione e Talucco. I "tumin" sono conosciuti nell'area torinese con il nome di "Tumin del Taluc" o "tumin 'd la paia".
Il pane veniva panificato nei forni a legna esistenti in ogni borgata e veniva conservato a lungo diventando anche ingrediente primario di ricette caratteristiche.
Veniva prodotto con farina di segale o, a volte, con farina di grano saraceno e poca farina di frumento. Ogni famiglia conservava ìl proprio pane su una specie di rastrelliera orizzontale (cleia) appesa al soffitto delle cucine. Le forme indurivano a tal punto che era necessario utilizzare un attrezzo speciale per tagliarle.
Inoltre, come evidenziano Gisella e Walter Eynard nel loro libro "Supa Barbetta e altre storie...", l'economia della Val Germanasca e delle Valli Valdesi in generale è stata per molti secoli pesantemente influenzata dalle persecuzioni, con i conseguenti editti reali, che impedivano alla popolazione valdese di commerciare con gli abitanti della pianura piemontese.
Le patate hanno a lungo costituito un ingrediente primario per la cucina delle valli. In particolare ricordiamo "là Calhétta" ricetta tipica di Pragelato e di Prali, con patate crude grattugiate, pane tagliato a pezzettini, cipolle soffritte con pezzettini di lardo, pancetta o salsiccia, a seconda di cosa c'era in dispensa. Un'altra ricetta tipica è "La Souppo Barbétto".
Questo piatto, chiamato semplicemente "la souppo", nel passato veniva preparato con fette di pane raffermo perché i grissini erano troppo costosi; infatti i grissini "nati" a Torino nel corso del 1600, furono usati come medicina per curare Vittorio Amedeo Il (1666-1732), bambino di salute cagionevole, che diventò nel 1713 il primo re di casa Savoia.
Nelle Valli valdesi dalla seconda metà dell'Ottocento le famiglie più benestanti della bassa valle andavano appositamente a prendere i grissini con il calesse a Torino.
Dall'inizio del 900 questa specialità piemontese si diffuse anche nelle zone più alte delle valli e i grissini venivano stirati a mano con una produzione artigianale.
La "souppo" veniva cotta nel forno del pane in ampie bacinelle di rame stagnato oppure sulla stufa a legna in recipienti di terra cotta. Veniva preparata per Natale e Pasqua, ma era ed è ancora oggi il piatto tradizionale del 17 febbraio, data nella quale i Valdesi ricordano le Lettere Patenti con le quali il Re Carlo Alberto nel 1848 concesse loro i diritti politici e civili.
I dolci erano semplici: pane farcito di mele, castagne lesse o abbrustolite, oppure si preparava un dolce con la farina di castagne. Si producevano anche nocciole e noci che venivano utilizzate per preparare squisiti dolci.
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Istituto Comprensivo C. Gouthier

LE RICETTE DELLA TRADIZIONE

editore ALZANI
edizione 2010
pagine 80
formato 16,5x24
brossura
tempo medio evasione ordine
3 giorni

10.00 €
5.90 €

ISBN : 978-88-8170-419-4
EAN : 9788881704194

 
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