a cura di Luigi Firpo
con la collaborazione di Francesco Argirò, Giuseppe Crosa, Giacinto Grassi, Sergio Nebbia, Sergio Panza, Gabriella Pellegrini e Maria Teresa Perosino.
Astigiano, come un'infanzia
di LUIGI FIRPO
Quand'ero ragazzetto, a Torino, tanti anni fa, la città sabauda e militaresca, burocratica e operaia, respirava ancora un'aria di campagna. Al fondo delle sue strade parallele, che corrono da est ad ovest, si scorgevano, da un lato, le Alpi vicine e protettive, dall'altro le verdi ondulazioni della collina, fitta ancora di boschetti e di vigne. Nelle strade selciate con ciottoli di fiume e segnate da una duplice striscia carrareccia di pietra di Luserna, a primavera faceva qua e là capolino fra le commessure un verzicare d'erba, mentre sui grandi viali, all'ombra degli ippocastani, la gente passeggiava adagio, sostava sulle panchine tinte di verde scuro, si dissetava alle dimesse fontanelle che versavano l'acqua fresca del Pian della Mussa dal musetto di un allegro torello di ghisa. Alla periferia, le case operaie e i capannoni industriali, radi ancora, erano frammisti a prati ingialliti, a piccoli orti coi capanni di lamiera per gli attrezzi, a osterie col pergolato e il gioco delle bocce, a spiazzi spelacchiati dove sostavano i carrozzoni degli zingari, le tende dei circhi itineranti di borgata in borgata, le pagodine tinte a colori vivaci dei balli a palchetto. La campagna entrava in città con i suoi stradoni polverosi, con le piccole locomotive nere ansimanti delle ferrovie vicinali, mentre la gente da poco inurbata, piena di nostalgia per i campi appena ieri abbandonati, sciamava ogni domenica fuori dalle barriere daziarie, andava a far merenda sui prati, raccoglieva mazzi di ranuncoli o di margherite, fronde di ginestra e rami di biancospino lungo le stradette incassate della collina, si concedeva qualche lusso nelle trattorie dei dintorni: una cartata di pesciolini fritti a San Mauro, un'insalata di trippa a Moncalieri. E gambe in spalla all'andata e al ritorno, magari per una ventina di chilometri, con i bimbi cascanti di sonno da prendere in collo perché non si reggevano più e gli ultimi cori arrochiti dalla stanchezza e dal vino sotto il biancheggiare della prima luna.
Dalla campagna provenivano i piccoli artigiani dai cento mestieri, che di strada in strada, di cortile in cortile, gettavano i loro caratteristici richiami, modulati fino a culminare in una nota acuta: stagninée, stagninée del magnin! per i magnani che ristagnavano i tegami di rame; caadreghée! per gli impagliatori di seggiole;
feeramiù! non solo per chi comprava rottami di ferro (il fer à mieux, «ferro alle più alte quotazioni », dei Francesi), ma il robivecchi in genere; spaciafornéi! per lo
spazzacamino, che doveva di prammatica avere il volto annerito dal nerofumo e
portare una corda arrotolata a tracolla, mentre il ragazzino smilzo e patito che gli stava accanto, nero anche lui di fuliggine, reggeva il ciuffo irto di lamelle
metalliche destinato a raschiare le pareti dei camini. E tre volte risuonava stridulo il richiamo dell'arrotino (molitta, molitta, molitta!), che mi affascinava col suo ingegnoso trabiccolo ribaltabile, che era al tempo stesso bicicletta e motore
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INDICE
Saluto del
Presidente della Provincia
Guglielmo Tovo
Presentazione degli Assessori al Turismo
Carlangelo Moro e Alessandro Teti
Astigiano, come un'infanzia
di Luigi Firpo
Il territorio
di Sergio Nebbia
La storia
di Giuseppe Crosa
L'arte
di Sergio Panza e Maria Teresa Perosino
La letteratura
di Giuseppe Crosa
La gente
di Giacinto Grassi
Il paesaggio
di Francesco Argirò
Economia e società
di Gabriella Pellegrini
I Comuni
Indice del volume
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a cura di Luigi Firpo
LA PROVINCIA DI ASTI
editore PROVINCIA DI ASTI
edizione 1985
pagine 208
formato 23x30
rilegato con sovracopertina a colori
tempo medio evasione ordine 2 giorni
30.00 €
24.00 €
ISBN :
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