PREFAZIONE
Il melo non è nato dalle nostre parti ma nell'occidente Piemontese, fin da
epoche remote, si è sicuramente trovato bene. Qui la specie ha avuto una evoluzione originale, una storia tutta sua: non soltanto è stato coltivato, ma nel corso dei secoli si è evoluto, in sintonia piena con la terra ed il clima di queste parti. Ed ha dato origine, con la complicità sapiente non già di Abati-ricercatori come invece avvenne in Francia, bensì dei contadini locali, ad un originale e ricchissimo patrimonio di ecotipi, ovvero di mele figlie/sorelle del Territorio. Varietà venute da "semenzali liberamente impollinati" battezzate con il nome (o lo stranom) dello scopritore o con il toponimo del luogo di rinvenimento, o ancora, con un eclatante carattere del frutto. Tante, tantissime mele, la più grande ed originale collezione di varietà locali rinvenute al mondo su un territorio così ristretto.
Mele, non poteva succedere diversamente, che hanno poco a poco finito con l'incidere, condizionare, permeare il linguaggio, l'economia, la cultura delle comunità contadine delle nostre Valli Pinerolesi. E a contrassegnarne il paesaggio.
Meli e peri sparsi nei prati o allineati in file distanti a delimitare i campi di segale, di grano e di canapa sono stati fino agli anni 60, assieme alle vigne, gli elementi caratterizzanti del paesaggio agrario pedemontano. Alberi secolari che segnavano il corso delle generazioni e che dopo aver dato frutti per una vita andavano a costituire con il loro duro legname gli assali e i raggi di ruota dei carri agricoli, le pulegge degli opifici, le bure degli aratri...
Molte opere, trattati accademici e semplici ricerche, hanno documentato in questi anni la fortissima caratterizzazione locale delle varietà piemontesi di melo e di pero.
Ma nessuno, finora, aveva utilizzato questi frutti per una storia di territori e di genti come bene ha fatto Marzia Verona.
Un lavoro che, sapientemente, ha saputo coniugare l'indagine storica e bibliografica con le testimonianze orali e l'analisi delle vicende più recenti
della frutticoltura pinerolese. Un lavoro che parte da Cumiana, che di Cumiana ha gli attori principali, ma che abbraccia ben presto un contesto pinerolese, torinese, mondiale...
Il ruolo dei frutasè cumianesi fu fondamentale nel segnare il successo di una frutticoltura pinerolese che era, ai primi del Novecento, tra le più avanzate d'Italia per quantità prodotte, qualità, capacità di penetrazione sui mercati esteri. Ma, dei frutasè, fu importante anche il ruolo di "veicolatori di conoscenze": furono loro ad allargare gli areali di coltura di quelle straordinarie varietà locali quali la Grigia di Torriana, la Runsè, la Magnana, prima che la colonizzazione delle mele americane ne segnasse il declino.
E col declino delle antiche mele piemontesi venne il declino della frutticoltura locale e dei frutasè...
Delle vicende della frutticoltura cumianese e pinerolese, l'autrice ci fornisce un quadro che stimola analisi e considerazioni non solo sul passato, bensì sul presente e sul futuro economico delle nostre comunità locali.
E' sulle vocazionalità antiche delle nostre terre che le genti, storicamente, hanno costruito opportunità economiche di sopravvivenza e di successo.
Ed è solo da queste vocazionalità che possiamo trarre indicazioni innovative per ridare slancio ad una economia rurale che, nelle nostre aree marginali, langue in un degrado che, imperativamente, deve essere arrestato.
L'auspicio è per un ritorno dell'albero da frutta sulle pendici dei colli pinerolesi, che contribuisca a legare il terreno e le genti alle pendici, che ritorni ad abbellirne il paesaggio.
Un auspicio che potrà diventare realtà se in molti, nelle Valli, a Torino ed in Piemonte, per contribuire a far vivere le Valli, Torino ed il Piemonte torneranno a mangiare la frutta ed i prodotti di queste terre.
Un auspicio che potrà diventare realtà se questi prodotti potranno essere marchiati, protetti, garantiti e quindi riconosciuti anche oltre i confini delle Valli, di Torino e del Piemonte.
PROF. DARIO MARTINA
DOCENTE PRESSO L'ISTITUTO PROFESSIONALE AGRO-AMBIENTALE DI OSASCO
PRESIDENTE DELLA SCUOLA MALVA ARNALDI DI BIBIANA
SOCIO DELLA COOPERATIVA "IL FRUTTO PERMESSO" |
POM PIEN
A Cumiana il dolce per eccellenza, vero e proprio piatto tipico, erano i Pom pien (mele ripiene). Sembra impossibile trovare un'unica
ricetta, in quanto in ogni borgata ne esistono delle varianti.
La ricetta base è inserita nell'elenco delle ricette, ma c'è chi univa al cumaut (il ripieno) la scorza di limone grattugiata, chi un cucchiaio
di Marsala, chi utilizzava un uovo intero e poi tuorli in proporzione
al numero di mele (in genere 3 tuorli per teglia).
Il ripieno di cacao, latte, amaretti, zucchero e mele cotte andrebbe messo a riempire solo la cavità interna, ma la signora Daghero Elvira della Fiola dice che riuscì a ricreare
la magia dei pom pien di sua nonna solo quando colmò con il cumaut non solo le mele, ma anche lo spazio tra loro.
Venivano usate soprattutto i Gris dus (o gris canavoeit) e le Soelie, tipiche di Cumiana. Quest'ultima mela ben si prestava per la sua polpa acidula, che contrastava piacevolmente con il dolce del ripieno, e per la buccia resistente alla cottura.
INDICE GENERALE
PREFAZIONE PROF. DARIO MARTINA
PREFAZIONE DELL'AUTRICE
INQUADRAMENTO STORICO-GEOGRAFICO
NOTIZIE STORICHE
LA FRUTTICOLTURA E IL COMMERCIO OGGI
IL PAESAGGIO
VARIETÀ DI MELE
LA DIFESA FITOSANITARIA IN PASSATO
COME SI UTILIZZAVANO LE MELE
INDICE DELLE RICETTE
|
Marzia Verona
POM PIEN
editore ALZANI
edizione 2002
pagine 136
formato 17x24
brossura
tempo medio evasione ordine ESAURITO
16.00 €
16.00 €
ISBN : 88-8170-184-7
EAN :
|
|