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IL PINO DI VIA JERVIS
Anni verdi all'Olivetti dopo Adriano e prima di De Benedetti
Ancora un libro che parla della Olivetti. C'è ancora qualcosa da dire? Sull'Olivetti e la sua storia sono state dette e scritte montagne di parole, e il centenario della fondazione ha dato nuovo nutrimento a convegni, mostre, articoli di giornale, saggi socio-psicologici, ricerae storiche e testimonianze appassionate di ex-olivettiani.
Di solito, chi ha avuto la sorte di lavorare in Olivetti, ha conservato un buon ricordo dell'azienda e ne parla in modo entusiastico, con la fierezza di chi sente di aver fatto parte, a vario titolo d'una sorta di élite. L'olivettiano medio talvolta tende a celebrare con toni nostalgici un mondo industriale scomparso, facendo l'apologia di una età aurea che invece di offuscarsi, con il passare del tempo, è diventata ancor piu luccicante.
Anche questo libro è ambientato in quel mitizzato periodo (seppure già nella fase calante della parabola); tut- tavia non parla delle grandi' vicende dell'Olivetti, né dei personaggi di primo piano dell'azienda.
Racconta invece la vita di tutti i giorni e le esperienze di un ragazzo che entra in fabbrica a sedici anni e inizialmente detesta il suo lavoro, ma un po' alla volta riscopre i valori positivi insiti nel lavoro stesso, grazie a un ambiente ricco di umanità e di stimoli. Per quel giovane l'Olivetti diventa scuola di vita e fattore abilitante per la sua crescita culturale e sociale.
La narrazione è resa viva dalla gente comune, da personaggi semplici e a volte persino un po ingenui, ma non per questo poco importanti: operai e tecnici, fattorini e sindacalisti, capi e bocia, e tutti coloro che hanno, contribuito a rendere grande "la Ditta" con orgoglio professionale, impegno e un forte senso di appartenenza.


PREFAZIONE

Per molti giovani degli anni sessanta la fabbrica è stato un luogo di emancipazione e il lavoro ha rappresentato uno strumento di miglioramento professionale e culturale.
Questa affermazione è quanto mai appropriata se la fabbrica di cui si parla è l'Olivetti: un'azienda unica e straordinaria, una fucina di esperienze, un luogo d'incontro di molte personalità, talvolta di veri talenti, che hanno potuto esprimere liberamente creatività e ingegno.
È proprio l'Olivetti il fulcro di questo libro ambientato tra il 1962 - poco dopo la scomparsa di Adriano Olivetti - e il 1975 - qualche anno prima dell'arrivo di Carlo De Benedetti alla guida dell'azienda.
Racconta la vita di tutti i giorni e le esperienze di un ragazzo che entra in fabbrica a sedici anni come operaio e inizialmente detesta il suo lavoro, ma un po' alla volta riscopre i valori positivi insiti nel lavoro stesso, grazie a un ambiente ricco di umanità e di stimoli. Per quel giovane l'Olivetti diventa scuola di vita e fattore abilitante per la sua crescita culturale e sociale.
Il periodo in cui si svolge la narrazione è denso di trasformazioni e di cambiamenti nella società, nella politica e nei costumi. Il mondo giovanile attraversa una fase di vitale fermento, pervaso dal sogno utopico - sfociato nel '68 - di una grande trasformazione della realtà.
È anche un momento di forte evoluzione tecnologica, particolarmente tangibile in Olivetti.
In questo libro l'autore racconta in prima persona l'esperienza vissuta in fabbrica, dapprima come operaio e poi come tecnico informatico.
Si parla di lavoro, di uomini e di macchine in primo luogo, ma anche dei sogni e delle speranze giovanili di quell'epoca, lasciando intravedere sullo scenario di fondo i grandi temi che caratterizzano il periodo storico.
I protagonisti del racconto non sono i personaggi di primo piano che hanno guidato l'azienda; sono le persone più semplici, ma non per questo meno importanti, che ne hanno costituito la linfa vitale: operai e tecnici, fattorini e sindacalisti, capi e boria, e tutti coloro che hanno contribuito a rendere grande "la Ditta" con orgoglio professionale, impegno e un forte senso di appartenenza.
Un motivo conduttore accomuna i bozzetti degli attori che animano la narrazione: la piemontesità. Quella inconfondibile caratteristica fatta di senso pratico, gusto per il lavoro ben eseguito, saggezza venata d'ironia e mai pedante: qualità che arrivano dal mondo contadino, si trasfondono nella fabbrica e, fortunatamente, sopravvivono ancor oggi.
Ogni riferimento a fatti, persone e cose non è per nulla casuale, anche se, per comprensibili motivi, i nomi di molti personaggi sono stati cambiati oppure omessi, e qualche avvenimento, volutamente o inconsciamente, è stato trasfigurato, con bonarietà, dalla fantasia del narratore.
Non ultimo, l'intento dell'autore è altresì quello di rendere omaggio e di esprimere la propria gratitudine ad una realtà aziendale che gli ha dato un imprinting importante e lo ha guidato a concepire in modo non convenzionale il lavoro e, successivamente, il ruolo di imprenditore.
INDICE

Parte Prima
UNA FUCINA DI ESPERIENZE
Entrata trionfale
Uomini e macchine
Maròc
Sonno, sogni e dischi
Lavoro e dopolavoro
Arance e aranceri
Aristocrazia operaia

Parte Seconda
SOGNI DI RAGAZZI
Una bella giornata di sciopero
Pausa caffè
Diaspora
La stozzatrice
Amori a tempo determinato
Una vacanza forzata

Parte Terza
IL VECCHIO E IL NUOVO
Si riaccendono i colori
La 600 beige e il Gronchi rosa
Vento di novità
Vecchie e nuove tecnologie
Nuove e vecchie ideologie
Tante teste tante idee

Parte Quarta
LAVORARE AFFRANCA
Lavoro e doppio lavoro
Liberazione, libertà, libero pensiero
L'automazione procede
Scarmausen
La ribellione di Sigma
La palla di Camillo
Un amico ritrovato




Nazzareno Lasagno

IL PINO DI VIA JERVIS

editore DANIELA PIAZZA
edizione 2009
pagine 200
formato 13x21
plastificato con alette
tempo medio evasione ordine
2 giorni

12.00 €
9.90 €

ISBN : 978-88-7889-225-5
EAN : 9788878892255

 
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