Due macine da mulino interrate usate come base, tre pali di legno, due scale a pioli di differente lunghezza.
Questo il modesto apparato che la parsimoniosa amministrazione del regno di Sardegna metteva a disposizione della giustizia per lo spettacolo pubblico della esecuzione capitale mediante impiccagione.
La forca, o patibolo, costituiva un palcoscenico che doveva risultare ammonitore, almeno nelle intenzioni di legislatori e magistrati, palcoscenico dove nella Torino risorgimentale si produssero numerosi attori, molto più numerosi di quanto comunemente si creda e si scriva.
Alberto Viriglio, nel 1898, defini l'apparato prima descritto con l'appellativo «i tre legni amari» ed ecco cosi spiegato il titolo di questo libro.
Libro che ha origini che risalgono all'ormai lontano anno 1995, quando l'Assessorato per le Risorse Culturali e la Comunicazione della Città di Torino organizzò il convegno Chi ha paura dell'uomo cattivo? Riflessioni sul rapporto tra carcere e città, svoltosi il 15 giugno con successiva rappresentazione de Il canto del Gallo, spettacolo teatrale dei detenuti del carcere Le Vallette con regia di Claudio Montagna al teatro Juvarra.
Il programma dei lavori prevedeva anche una Giornata seminariale al Café Procope del teatro Juvarra, il 14 giugno. Questa giornata era conclusa da un tè, allietato dai miei racconti di cronache di clamorosi processi dell'ottocento torinese.
Nel preparare il testo per quella chiacchierata ho deciso di considerare soltanto casi giudiziari con reati che comportavano la condanna a morte ed ho quindi in pratica elaborato la scaletta di questo libro.
L'argomento, di primo acchito, poteva sembrare abbastanza studiato, anche in ambito accademico, come dimostra la bibliografia raccolta nella parte finale del volume. Ma non trovavo pubblicazioni che affrontassero questo tema con l'ottica del narratore di storie. Mi sono cosi indotto ad approfondire la questione, considerando «chi» fossero gli impiccati minori, non limitandomi quindi soltanto a quelli più celebri come il Bersagliere Mottino e Francesco Delpero.
E di questi giustiziati minori, nei libri si parlava assai poco, bisognava ricorrere ai documenti degli archivi.
Il lettore può ora valutare un primo frutto delle mie ricerche. Questo libro inizia col racconto della vicenda dell'ultimo impiccato di Torino per seguire poi un percorso cronologico che dal 1851 giunge fino al 1889, anno della abolizione della pena di morte nel regno d'Italia.
Non ho inserito tutti i condannati, ma soltanto una parte, in particolare quelli giustiziati perché assassini a scopo di rapina, quelli che allora si dicevano «grassatori» .
Ma questo criterio non è stato tassativo, visto che ho lasciato spazio anche a casi con grazia ai condannati a morte e altre vicende ancora.
Questo, infatti, vuole essere un libro di storie e non di Storia, rivendica al narratore una grande libertà di azione e quindi di scelta degli argomenti da raccontare.
Rimangono ancora molte altre storie che saranno raccolte in futuri volumi.
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INDICE
I «tre legni amari»
L'ultimo impiccato di Torino
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Un ferroviere savoiardo troppo ambizioso
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Un grassatore fin troppo anticlericale
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Un grassatore senza qualità
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Un grassatore troppo emotivo
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Inaugurazione del nuovo sito delle esecuzioni capitali
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Un brigadiere dei carabinieri un po' maldestro
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L'impiccato resuscitato
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Grassatori politici, ma senza saperlo
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Una sentenza un po' originale
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S'it veule bon-a companìa, va 'nsema 'd gent ch'a te smija
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Cinquantasette anni di galera
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Un carabiniere assassino per amore
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Due carabinieri in borghese, senza autorizzazione
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Le donne non si picchiano nemmeno con un fiore: si affogano
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Il terzultimo e il quartultimo impiccato di Torino
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Conclusione
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Bibliografia
Indice
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Milo Julini
I "TRE LEGNI AMARI"
editore LIBRERIA PIEMONTESE
edizione 1999
pagine 156
formato 12x19,5
brossura con alette
tempo medio evasione ordine ESAURITO
10.00 €
10.00 €
ISBN :
EAN :
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