Questo romanzo è senz'altro un recupero interessante e degno d'attenzione. Documento di drammatica tessitura in cui si riflette la complessità psichica dell'autore che, immedesimandosi nel protagonista, forse esprime le delusioni dei bei sogni infranti, le splendide memorie distrutte, i dolci ricordi d'amore calpestati alla postuma rivelazione della infedeltà della sua donna assassinata. Si sente così profondamente defraudato nei suoi diritti: L'òm a cred d'avei dij dirit mach përchè la sciarpa d'un sindich e l'aspersòri d'un preive a j'unis na fomna për la vita ed il lutto per lui diventa lutto psicologico. La sua anima inaridita medita vendetta ed egli concepisce una vendetta orrenda, inqualificabile, un disegno mostruoso che ha sentore di cupa pazzia. 'L penssé dla vëndeta a l'è la tortura. L'òm ch'a penssa a vendichesse, as tortura chiel istess, ma del suo processo masochistico viene incolpata la moglie l'assassinà a diventava la soa assassin-a. E mentre ij doi passarotin a cantavo la cansson dla primavera senssa sente che fòra a tajava l'aria 'l crii dla sivitola, nasce l'aberrante progetto semnà con na furberìa da gesuita che avrebbe poi raccolto con l'abilità dél diao.
La tensione che suscita questo dramma di efficace realismo, di amari eventi e di scavo psicologico, è penetrante ma è retta da un affiato religioso in crescendo... la soa anima a chërdìa oramai a na fòrssa divin-a che noi, fòra 'd qualonque dògma, nen ligà a gnun-e cese... i sentoma ant noi përchè i soma fait da chila, che intride la descrizione dei suggestivi silenzi contemplativi dell'uomo che, giunto alla pace con se stesso, volge gli occhi alla natura 'ndova a j'è pì nen d'pass d'òm, dova a j'è mach ël brogionè 'd n'insset për tera e 'l subi d'un osel për aria... e goarda ala vòlta asura, luminosa...
A proposito di quanto notava Gandolfo per la grafia: abbiamo corretto soltanto errori evidenti, laddove la protagonista Genia cambiava improvvisamente il suo nome in Giulia o la servetta Nina diventava Gina, e quelli di chiara trascuratezza tipografica. L'attrazione di modificare alcune parole era forte ma abbiamo resistito (del resto noi non facciamo scuola di piemontese e certi vocaboli preferiamo lasciarli coniare ad altri): avrebbe sicuramente migliorato il testo ma ne avrebbe alterato la genuinità perdendo il pregio della spontaneità del piemontese d'epoca ch'era pieno di italianismi, ma schietto, autentico come lo si parlava in città. Torino era, ed è tuttora, una città specchio che attirava l'immigrazione dalle piaghe del Piemonte, con ondate dal Monferrato e Vercellese in particolare, riflettendone anche assimilazioni negli usi nei costumi e nel linguaggio. Così si spiega anche l'uso, nelle stesse frasi, di bin e di ben, di drinta e drenta, di daré e dré e strane concordanze verbali i lo tradirai nen ma i na meurireu che evidenziano influenze astigiano-monferrine, con venature che ricordano usi aristocratici.
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INDICE
ULTIMO ROMANTICO di Vannucci Spagarino Viglongo
NA LAGRIMA DM, DIAO
PART PRIMA
Capitol I
Capitol II
Capitol III
Capitol IV
Capitol V
Capitol VI
Capitol VII
Capitol VIII
PART SECONDA
Capitol I
Capitol II
Capitol III
Capitol IV
Capitol V
Capitol VI
Capitol VII
Capitol VIII
EPILOGO
La prima di copertina del volume riproduce un dipinto ad olio di Massimo Quaglino, del 1924, intitolato «Ponte Rossini»: la zona cittadina in cui si svolgono gli avvenimenti drammatici del romanzo.
Nella quarta facciata è un ritratto di Alfonso Ferrero schizzato dal noto caricaturista Gec (Enrico Gianeri). |
Alfonso Ferrero
NA LAGRIMA DEL DIAO
editore VIGLONGO
edizione 1985
pagine 132
formato 15x21
brossura
tempo medio evasione ordine 2 giorni
10.00 €
9.00 €
ISBN :
EAN :
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