L'Orfeo di Pavese ha un destino, una "rupe" che gli grava sulle spalle: l'esser poeta. Il destino di colui che canta la vira e la morte è isolamento, esclusione, allontanamento; ma, al tempo stesso, la poesia è il mezzo per superare il limitato orizzonte dell'lo e giungere alla vastità del Sé universale che dà senso e salvezza alla vita dell'uomo. Partendo dal mito classico di Orfeo e dall'Inconsolabile pavesiano l'autrice presenta un'originale analisi del rapporto di Pavese con il mito attraverso diversi filtri interpretativi.
Furio Jesi, la religio mortis e il suo tormentato rapporto.con il mitologo ungherese Kàroly Kerényi, la concezione pavesiana dell'esperienza come reminescenza soggettiva, il ruolo salvifico di Mnemosyne, il rimorso dei salvati nella Casa in collina, i simboli iniziatici della luna, del fuoco e del nudismo, l'impegno editoriale alla collana viola, le affinità con Mircea Eliade... fino ad arrivare al bisogno ontologico di Pavese di religio e di sacrum come punti cardinali della sua vita e della sua poetica. Un'immagine "altra" e diversa di Pavese che lo accompagna attraverso un lungo viaggio iniziatico nel "regno delle madri" fino alla tragica discesa nel gorgo della morte.
INTRODUZIONE
ORFEO. UNA PROIEZIONE PAVESIANA
Questo lavoro nasce e si sviluppa dall'analisi della figura mitologica di Orfeo e dall'intreccio di questa con la poetica e la vita di Cesare Pavese. Si intende rivisitare il rapporto Pavese/Orfeo alla luce, non solo dei Dialoghi con Leucò, ma anche delle annotazioni contenute nel Mestiere di vivere e delle originali interpretazioni di Furio Jesi.
Secondo il mito classico Orfeo, figlio della musa Calliope e del re di Tracia Eagro (o secondo alcune versioni dello stesso Apollo), fu magnifico poeta e cantore. Apollo gli regalò la lira e le Muse gli insegnarono l'arte del canto; attraverso queste arti egli poté dominare tutte le forze della natura.
Orfeo partecipò alla spedizione degli Argonauti e, di ritorno dalla Colchide, sposò Euridice. La sua amata sposa morì, morsa da un serpente mentre tentava di fuggire dalle insidie di Aristeo, che c,ercava di usarle violenza. Orfeo volle tentare di riportarla in vita e discese nell'Ade dove, con la sua dolce musica «fece cessare temporaneamente le torture dei dannati e placò il duro cuore di Ade tanto da indurlo a restituire Euridice al mondo dei vivi». La sola condizione imposta dal re del Tartaro fu che Orfeo non si voltasse indietro a guardare l'amata finché ella non avesse raggiunto la luce del sole. Orfeo iniziò la risalita suonando la lira ma, appena vide la luce del sole, si voltò, cercando con lo sguardo Euridice, e fu così che la perse definitivamente.
All'arrivo di Dioniso in Tracia Orfeo si rifiutò di onorarlo, condannando il sangue e i sacrifici dei rituali orgiastici, e iniziò i suoi fedeli ad altri misteri. Dioniso si irritò con lui e mandò le Menadi a punirlo: le donne lo fecero a pezzi «gettarono nel fiume Ebro la sua testa che galleggiò, sempre cantando, fino al mare, e fu portata dalle onde all'isola di Lesbo»;2 qui fu deposta nel tempio di Dioniso. Anche la lira di Orfeo finì a Lesbo e venne deposta nel tempio di Apollo, da dove venne poi consacrata tra le stelle (diventando la costellazione della Lira). |
INDICE
Ringraziamenti
Introduzione - Orfeo. Una proiezione pavesiana
Mnemosyne e religio mortis
Il sacro e il profano
Conclusioni
Bibliografia |


Beatrice Mencarini
L'INCONSOLABILE PAVESE IL MITO E LA MEMORIA
editore DELL'ORSO
edizione 2013
pagine 60
formato 17x24
brossura con alette
tempo medio evasione ordine 2 giorni
15.00 €
15.00 €
ISBN : 978-88-6274-464-5
EAN : 9788862744645
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