La
gente delle colline piemontesi, il paesaggio aspro e dolce delle Langhe
e del Monferrato, che tanta parte hanno avuto nei romanzi e nei racconti
di Cesare Pavese e di Beppe Fenoglio tornano in questo libro di Davide Lajolo
in cui la volontà di resistere vince sul tragico, anche quando i
boschi sono attraversati dalle "masche" e anche quando i contadini
battono i pugni contro i pali di testa dei filari, disperati per la bufera
che ha strappato il raccolto e anni di fatica. Come Fenoglio, Lajolo ha
scritto "i racconti del parentado", i mè, cioè
i miei, che non sono soltanto la madre muta, la sua famiglia, ma tutta
la gente contadina che s'alza a protagonista e la terra e i cani e le lucertole
e le "masche" e le farfalle, tutto quello che vive nel Monferrato
e nelle Langhe.
E' il romanzo senza fine di ciò che ha vissuto e
che vive la gente di questi luoghi, e di tutto quello che l'autore ha sedimentato,
nelle sua lunga esperienza di figlio fedele e nomade, di una terra buttata
dalla grandine ma anche ingentilita dalla delicatezza dei fiori e dai colori
dei vigneti. Lajolo ne scrive con forza e un lirismo che fanno tutt'uno
con il palpito della vita. Per lui la vita possiede sempre in sè
la capacità
di sconfiggere la "malora".
INDICE
Presentazione di Laurana Lajolo
Le masche
La madre muta
Il traditore pallido
Gli undici gelsi
La tentazione del cavallo
Gelindo ritorna
Per vedere Laurana
Vigin parte per l'Australia
Terra va a Milano
Paulin senza pensione e senza uva
Balza ancora tra i filari
Sul bricco dei cinquant'anni
Il chon e il girasole
E' più distante Genova o la luna?
La nonna ascolta Pirandello
Il violino del bottaio
Catlina dei sonetti
Questa valle è il mio mare
Alla vendemmia non si canta più
La notte è gialla come la povertà
La grandine ci fa sanguinare
I contadini sul monumento
Lettera a Lajolo di Mario Soldati |
PRESENTAZIONE
"La
mia gente mi stava dentro come le piante, l'erba verde, le colline, il
sole rosso al tramonto."
In questa frase di Davide Lajolo si trova il senso
del volume di racconti, che viene riproposto, dopo molti anni di assenza
dal mercato editoriale. I mè, pubblicato per la prima volta
nel 1977, è stato un libro fortunato e molto amato dai lettori
di Lajolo.
Questi racconti sono una prova matura dello scrittore. Aveva già
scritto la famosa storia di Cesare Pavese Il vizio assurdo (1960),
poi Il voltagabbana (1963), dove aveva ricostruito la sua vicenda
umana come storia della sua generazione tra fascismo e resistenza. Nel
1977 aveva vinto il Premio Viareggio per la letteratura con Veder l'erba
dalla parte delle radici, libro autobiografico che ruota intorno all'infarto
subito e sconfitto. E molti altri libri ancora di carattere politico e
letterario, praticamente uno all'anno.
Ne I mè Lajolo racconta storie del suo paese. Vinchio, un
piccolo centro arroccato sulla cresta di una collina del miglior vino
barbera, tra Asti e Nizza Monferrato, è considerato dallo scrittore
come un microcosmo, in cui sono riconoscibili tutti gli eventi simbolici
dell'esistenza umana. I personaggi descritti esemplificano la vita e la
morte, la fatica della terra e la tenue poesia dei fiori e dei profumi.
Il piccolo paese del Monferrato diventa, così, il fulcro ispiratore
della narrativa di Lajolo, che ripercorre i luoghi della sua infanzia,
delle prime indelebili esperienze di gioco e di vita a quelle esaltanti
della guerra partigiana.
Lajolo era impastato dalla terra della vigna del padre, sul bricco di
S.Michele, conosceva i sentieri dei boschi e delle valli, prevedeva i
tempi di maturazione delle piante da frutto, interpretava i movimenti
delle nuvole, parlava con gli alberi e gli uccelli e amava la sua gente,
di cui si sentiva parte.
I racconti e i personaggi sono nati da antiche storie più volte
ascoltate da bambino nelle stalle d'inverno, dalla memoria ritrovata tra
amici, dai ricordi della moglie Rosetta, abile affabulatrice di storie
familiari. Lajolo non parlava abitualmente il dialetto, che era la sua
lingua materna, e Rosetta e il fratello Luigi gli facevano notare i significati
più antichi e gli traducevano le sfumature idiomatiche di certe
espressioni.
Lajolo non registrava né prendeva appunti, ascoltava, spesso divertito
e incuriosito dalle vicende, e poi filtrava con la sua fantasia letteraria
le storie, dando trama e parola a sentimenti ed emozioni, che i personaggi
dei suoi racconti non avrebbero mai saputo esprimere.
Il titolo I mè è stato a suo tempo proposto da Mario
Soldati, a cui Lajolo, in spirito di amicizia, si era rivolto perché
facesse la prefazione.
Soldati aveva preferito la formula della lettera (che qui è presentata
come postfazione del libro).
[..]
LAURANA LAJOLO
Vinchio, 3 agosto 2000
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Davide Lajolo
I ME'
editore IMPRESSIONI GRAFICHE
edizione 2000
pagine 192
formato 14x21
brossura
tempo medio evasione ordine ESAURITO
11.88 €
11.88 €
ISBN : 88-87409-09-9
EAN :
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