Premessa
Giuseppe Bertoldi: un Carneade per i più, noto oggi soltanto a pochi
studiosi di storia dell'Ottocento piemontese e abbinato, nella memoria di
non molti altri, a quell'"azzurra coccarda sulpetto" che furoreggiò
nei caffè, nelle piazze, nei circoli torinesi tra il novembre 1847
e il marzo 1848. Nel marzo '48, dopo aver celebrato le riforme di Carlo
Alberto, dinanzi a una svolta di ben maggiore portata, egli tornò
a cantare la concessione dello Statuto, su musica, a Torino, di Michele
Novaro e, a Novara, di Carlo Coccia. Nulla di graffiante, ben inteso, nei
versi del poeta di Fubine, nulla di paragonabile alle sferzate che in Re
tentenna l'amico Domenico Carbone dava al sempre oscillante Carlo Alberto;
ma un diligente peana al sovrano demiurgo e buon padre dei suoi devoti sudditi.
Era La coccarda un canto in decasillabi incalzanti e orecchiabili, nello
Stile di Giovanni Prati, e soprattutto ben più gradito alle autorità
piemontesi dei coevi Fratelli d'Italia di Goffredo Mameli, invocanti mazzinianamente
l'iniziativa del popolo - e non come Bertoldi - uno schema provvidenzialistico
attuabile grazie all'unità d'intenti tra Carlo Alberto e i piemontesi,
per la realizzazione in chiave sabauda dell'indipendenza nazionale.
Era allora, il Bertoldi, un ventiseienne poeta che gli amici consideravano
promettente, ma che in pochi conoscevano per alcune composizioni scolastiche,
intimistiche oppure encomiastiche dei reali, sulle orme del purista, classicheggiante
e un po' pedante, suo professore di eloquenza all'Università, Pier
Alessandro Paravia. Un po' di più erano, nell'effervescenza generale
tra l'autunno 1847 e la primavera del '48, gli estimatori di Bertoldi approdato
al giornalismo e a "La Concordia" di Lorenzo Valerio: come molti
altri giovani, in quel tornante preparatorio della successiva svolta del
1848, anche Bertoldi si riconosceva nel versante più aperto e dinamico
del liberalismo piemontese.
Con i suoi tratti curati nella persona e nei modi, l'eloquio aggraziato
e gentile, lo stile limpido ed elegante, i profondi valori cristiani, la
fiducia assoluta nella stretta unione tra il sovrano e il popolo e nella
concordia tra i ceti sociali, la concezione della poesia contemporanea come
spressione ed un tempo di valori religiosi e patriottici, la sua gioia nel
rifugiarsi nella lettura dei classici, Giuseppe Bertoldi non fu tuttavia
all'altezza di cogliere l'occasione che, come a tanti altri, gli si presentò
in quei mesi. Scrivera Bersezio che "l'avvenire nell'effettuarsi mancò
in gran parte a lui, ed egli mancò ad esso"; il giornalista
non perseverò nelle battaglie della carta stampata, dalla politica
lo allontanarono i confflitti ad essa connaturati e "il professore
ed anche il poeta riuscirono ad offuscarsi nell'impiegato": sono ancora
parole di Bersezio, che pure lo stimava.
[..]
Umberto Levra |
INDICE
Presentazione di Carla Moruzzi Bolloli
Premessa di Umberto Levra
Prefazione
Profilo biografico di Giuseppe Bretoldi,
L'operaletteraria di Giuseppe Bertoldi: avvertenza
Poesie
[..]
Dai Canti patriotici
[..]
Prima e dopo dello Statuto
[..]
Poesie sparse
[..]
Scritti accademici
[..]
Scritti amministrativi
[..]
Sritti occasionali e vari
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Carteggi
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Appendice: scritti su e per Bertoldi
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Bibliografia
Indice dei nomi |
Gian Luigi Ferraris
L'OPERA LETTERARIA DI GIUSEPPE BERTOLDI
editore DELL'ORSO
edizione 2004
pagine 614
formato 17x24
brossura
tempo medio evasione ordine 2 giorni
50.00 €
39.90 €
ISBN : 88-7694-700-0
EAN :
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