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L'ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI TORINO DEL 1911
Il libro rievoca, attraverso immagini di repertorio e testi di commento, i momenti più significativi della "favolosa" Esposizione del 1911. Dall'idea iniziale, agli atti istituzionali, alla progettazione, alla realizzazione, alle manifestazioni collaterali che hanno accompagnato l'Esposizione dall'inaugurazione (29 aprile) alla chiusura (19 novembre).
Torino, che contava allora 450.000 abitanti, in 200 giorni accolse 7.409.145 visitatori, di cui molti stranieri, in particolare francesi, facilitati dalle tariffe promozionali della Compagnia Ferroviaria Paris -Lyon-Mediterranée.
L'Esposizione, immensa, si estese su un milione e 200 mila metri quadrati, lungo le sponde del Po e venne giudicata, un po' entusiasticamente, come una delle maggiori manifestazioni che il mondo avesse visto sino ad allora. Fu l'ultima occasione della belle-epoque prima che fosse definitivamente spazzata via dalla prima guerra mondiale. Chiudeva anche l'era delle grandi mostre torinesi iniziata con l'Esposizione Generale Italiana del 1884; con l'Esposizione Generale Italiana di Elettricità e di Arte Sacra del 1898 (in occasione del cinquantenario dello Statuto Albertino); e con la Prima Esposizione di Arte Decorativa Moderna del 1902, che lanciò lo stile Liberty a Torino.
Il libro vuol essere un contributo, a cent'anni di distanza, per un'approfondita riflessione su queste manifestazioni popolari.

PREFAZIONE


E' convinzione degli storici che Torino incominciò a diventare metropoli industriale il giorno stesso in cui cessò di essere capitale. Infatti dopo che il Governo Minghetti represse con durezza i moti torinesi che seguirono all'annuncio della "Convenzione" con la Francia per il trasferimento della capitale d'Italia a Firenze (cinquantadue morti e centottantaquattro feriti), la città ebbe un sussulto di fierezza rifiutando di piangersi addosso e di piegarsi su se stessa e, molto pragmaticamente, il Comune nominò una commissione incaricata di indicare quale ruolo avrebbe potuto svolgere la Torino del futuro.
La commissione, presieduta da Giovanni Sommeiller (l'artefice della Galleria del Frejus), suggerì di trasformare Torino in città con caratteristiche industriali e il Sindaco, marchese Emanuele Luserna di Rorà, lanciò l'imperativo: "Torino deve diventare la Manchester d'Italia". Da quel momento le amministrazioni comunali che si susseguirono, e la società civile motu-proprio, operarono con coerenza per conseguire questo obiettivo largamente condiviso.
Già nel 1865 il Comune decise di diffondere in più lingue un "Appello" diretto agli industriali nazionali ed esteri invitandoli ad investire a Torino dove avrebbero trovato agevolazioni fiscali e potenziamento di infrastrutture. Si avviò nello stesso tempo un forte processo di modernizzazione del sistema delle comunicazioni e dell'approvvigionamento energetico: dall'apporto scientifico di Galileo Ferraris, alla canalizzazione delle acque del torrente Ceronda che produssero in breve periodo circa 2000 cavalli vapore di energia per le industrie manifatturiere.
Ma ad onta di questo fervore avveniristico delle classi abbienti, nel popolino serpeggiava il pessimismo più nero: tutti avvertivano che era finita un'epoca e una profonda cesura si era aperta nella storia della città.
La perdita del rango di capitale aveva prodotto immediatamente un'emorragia di persone, diminuzione di posti di lavoro nell'amministrazione centrale, chiusura di pubblici esercizi, e una generale depressione delle attività economiche. I monsù Travet dovettero affrontare una drastica riduzione del loro numero e la svalutazione del loro ruolo, adattarsi a investimenti o trasferirsi a Firenze diventata la nuova capitale.
La miseria in città era palpabile: lo sfruttamento del lavoro minorile, un devastante grado di insicurezza, l'endemico problema delle abitazioni, l'alcolismo, le malattie e la forte mortalità neonatale. Tutte piaghe sociali dovute alla miseria e all'ignoranza. L'analfabetismo era devastante e solo il 15 luglio 1877 fu approvata la Legge Coppino (dal nome del promotore) che stabiliva l'obbligo di frequenza scolastica dai 6 ai 9 anni di età, norma per altro largamente disattesa anche per la mancanza di insegnanti e di strutture scolastiche.
La società civile faticava a tenere il passo con le esigenze di modernità che stavano emergendo. Basti pensare che solo da pochi anni era invalso l'uso del sistema metrico decimale, introdotto in Piemonte dall'illustre fisico Amedeo Avogadro, ed erano ancora molti i torinesi che misuravano in trabucchi.
Tuttavia le grandi menti illuminate che presiedevano le istituzioni torinesi non si lasciarono scoraggiare da avversità e arretratezze e imposero alla città grandi trasformazioni.
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INDICE

Prefazione

I prodromi

Preparazione e organizzazione

L'inaugurazione

I padiglioni espositivi

Manifestazioni collaterali

Torino Belle-epoque

Postfazione

Bibliografia




Piergiorgio Balocco

L'ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI TORINO 1911

editore GRAPHOT
edizione 2011
pagine 190
formato 19x26
brossura
tempo medio evasione ordine
2 giorni

25.00 €
25.00 €

ISBN : 978-88-97122-06-7
EAN : 9788897122067

 
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