Nulla quaggiù rappresenta una conquista definitiva.
Maria, una bimbetta di sei anni con lievi segni di immaturità psico-somatica, frequenta da qualche settimana la scuola materna e disegna servendosi di quasi tutti i colori del suo astuccio.
Ma basta una malattia infettiva con quaranta giorni di degenza non accetta in ospedale, perché il segno della bimba, al suo ritorno a scuola, regredisca alla fase dello sgorbio monocromatico.
E ci vogliono tre mesi perché essa riacquisti rinnovate certezze e torni a dare forme colorate e intelleggibili ai suoi pensieri.
DALLO SGORBIO ALL'OMINO
La vocazione dell'uomo (e quindi anche del bimbo) è quella di lasciare un segno sulla terra e a volte, ahimè, una cicatrice, come testimonianza del suo passaggio.
Ditate sui muri delle scale, incisioni sui banchi e sulla malta fresca, impronte di suole sulle pareti dei corridoi, sono i segni di una presenza infantile in una casa, in una scuola, in un luogo pubblico. Si tratta di un bisogno a cui non era facile resistere neppure venti secoli or sono, e i muri di Pompei lo testimoniano eloquentemente.
Si comincia presto: il bimbo di pochi mesi scopre che, allargando con il dito o, prima ancora, con la mano il filo di bava che gli è sfuggito di bocca, si può lasciare sul davanzalino del seggiolone un segno, una traccia che lo attira magneticamente. Più tardi giocherà ad appannare con il fiato un vetro, per potervi lasciare il segno del suo ditino. Persone irreprensibili d'altronde, in età non certo infantile, sono spesso tentate di scrivere "lavami!" sul cofano impolverato delle auto in posteggio. Ma torniamo al bimbo. Le sue dita, dalla prensione ancora incerta, sentono presto il bisogno di ampliare quel primo segno.
Il piccolo, con vocalizzi di gioia e serio impegno, scopre lo scarabocchio oscillante. Si tratta di uno scarabocchio prima angoloso, duro, poi sempre più tondeggiante. Qualche studioso è riuscito a scorgere, nel diverso profilo della curva, il segno di una buona sicurezza affettiva, di un seno generoso, dispensatore di calore, di nutrimento, di continuità.
Dovranno passare molti mesi prima
che lo scarabocchio ondulante si trasferisca sul foglio di carta grazie alla matita o al pennarello.
La progressiva maturazione del sistema nervoso, la migliorata coordinazione tra occhio e mano, la scoperta dello spazio esterno in rapporto con quello che occupa la persona, porteranno il bimbo alla scoperta di oggetti che lasciano una traccia. Perché questo possa però evidenziarsi su un foglio è necessario che il bimbo impari la difficile arte di graduare la pressione della matita: non eccessiva per non strappare la carta, non così debole da scorrere sul foglio senza lasciarvi il segno. Si tratta in realtà di un vero reattivo psicodiagnostico: molti bimbi svantaggiati lo superano solo molto tardi; altri, più gravi, non raggiungono mai il traguardo.
La mano impugna la matita con una presa inizialmente palmare. La conquista dell'"effetto pinza", cioè la capacità di afferrare l'oggetto scrivente tra il pollice e l'indice, è appannaggio di età successive e segno di relativa maturità.
Un'altra difficoltà di tipo spaziale è rappresentata dal dover rimanere nei limiti del foglio. Lo scarabocchio, sovente, deborda sul tavolo.
Inizialmente la traccia è monocromatica: il bimbo adopera sempre lo stesso colore
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INDICE
Dallo sgorbio all'omino
La conquista del profilo
Disegnare nello spazio
Un mondo di vetro
Crisi del verticale
Il lateralismo: una misteriosa paura
Disegni appiattiti
Il mondo alla rovescia
...e poi creò gli animali
Quando l'albero era un uomo
Il movimento: ardua conquista
Il magico nel disegno infantile
L'affettività come causa delle sproporzioni
Perché disegna...
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Vico Avalle
IL DISEGNO DEL BIMBO
editore HEVER EDIZIONI
edizione 2004
pagine 144
formato 24x30
plastificato con alette
tempo medio evasione ordine 2 giorni
29.50 €
23.60 €
ISBN : 88-900931-1-0
EAN : 9788890093111
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