INTRODUZIONE
Il 4 novembre 1852 ebbe fine il ministero di Massimo d'Azeglio. Le 5o6 lettere di questo VIII volume coprono il periodo che va dall'indomani di quel giorno fino alla fine dell'anno 1856, ossia due mesi e quattro anni. Gli avvenimenti pubblici di maggior spicco furono la cosiddetta questione d'Oriente con l'adesione del Piemonte all'alleanza franco-anglo-russa e la partecipazione alla guerra di Crimea, nonché l'evoluzione dei rapporti con la Santa Sede particolarmente illustrati dalla crisi Calabiana. Sul piano personale, una nuova partecipazione, calcolata, alla vita politica del tempo e la ripresa dell'attività artistica, pittorica e letteraria.
L'A. aveva sopportato la carica del suo ministero a costo di molti sacrifici di natura personale, soprattutto quello della libertà di movimento e di locomozione alla quale era affezionato da quando aveva abbracciato la carriera d'artista. Insofferente dell'assoggettamento alla diuturna disciplina giornaliera e al servizio coatto, non aveva saputo rinunciare, da ministro, a quei lunghi periodi di vacanza in collina o al mare e, fin dal 1851, si era assentato dall'ufficio ben quarantasette giorni e altrettanti nel 1852 per godersi i bagni di Sestri Ponente e di Cornegliano.
Un grido di gioia saluta la libertà ritrovata: "Eh! oui, mon cher ami, me voilà libre; et je pousse le cri d'un homme qui s'est débarrassé du poids dont sa poitrine était chargée". E la ripresa delle antiche e care abitudini: "Come saprà, grazie ai pietosi Dei, non sono più ministro; e domani me ne vado all'albergo Trombetta a vivere per conto mio, come pel passato"2. Giaculatorie quasi liriche, con reminiscenze portiane: "Ora, alto, allons, cambiamento di scena a vista. Via i scartafacci, i dispacci, le croci, i gran cordoni, i ricami, le corti, i cortigiani e le cortigiane; ed avanti olio e biacca e giallolino, blouse, pittori e pittrici, letterati, poeti ed altra simile canaglia."3."Le cose anderanno anzi meglio di prima, perché io ero stanco, e Cavour non lo è, senza contare ch'egli ha più capacità di me".
"En résignant en cette occasion je crois avoir bien servi le roi et mon pays, ce qui est l'essentiel. Ensuite j'ai fait mon bonheur, celui de mon rivai et de sa clientèle. Nous voilà tous contents. Que peut-on désirer de plus? Ajoutez qu'il arrive rarement à un homme d'Etat de pouvoir contenter tout le monde et une fois dans ma vie je pourrai m'en vanter"5. Felicità duratura se nell'estate successiva ne assaporò gli effetti ancora intatti: "Io son sempre a Cornegliano, a far la solita vita beata, lavorare ed esser fuori dei bureaux. Davvero che ho preso bene il tempo di ritirarmi dall'arena! Fra la question d'Oriente e quella d'Occidente, chi fa il ministro, ha da divertirsi" 6.
Per un primo bilancio dell'attività di governo, si rimanda tra altre alla consistente lettera al nipote Emanuele, scritta tre giorni dopo l'uscita dal ministero, del 7 novembre 185z: "Il mio ministero non era forte. Poca bertavela alla Camera. Poca voglia in me e Pernati di fare il ministro: io perché stanco, lui perché demolito dalla guerra di giornali e d'intriganti. Questi forti alla Camera e speranti in Cavour. Quand'egli tornò da Parigi m'ero disposto (e mi divertiva poco perdio!) ad accettarlo per collega, onde far andar la barca. Egli non volle. La cosa era allora ridotta che alla Camera non avrei potuto fare né più né meno di quello che voleva lui. Questa posizione non faceva per l'umile sottoscr[itt]o. Altra questione. Nella posizione attuale d'Europa è mia opinione che bisogna fare qualche cosa per le ingiurie ai sovrani, per gli emigrati e per le società operaje. Cavour dice invece che bisogna resistere all'Europa. Se io restavo ministro il suo partito si prendeva la parte brillante d'Orazit3 al ponte [reminiscenza ariostesca] e mi lasciava a me quella di trembleur. Perciò facciano pure l'Orazio, ma davvero e colla sua brava responsabilità. Se veniva Balbo-Revel potevano fare onorevolmente secondo il loro passato quelle modificazioni che credo necessarie, e che non avrei troppo potuto fare io. Cavour invece non le crede necessarie. Tanto meglio, ma stia lui sulla breccia, ed io starò lontano - col cannocchiale in mano - le imprese ad ammirar. Del resto vedrai che la cosa camminerà benissimo. Faranno loro quello che non avrebbero lasciato fare a me, ed io non farò opposizione certo e pregherò Dio perché durino cent'anni. Questa era la sola maniera per fare che C[avour] ed io fossimo uniti, e perché il nostro partito lo fosse anch'esso".
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INDICE GENERALE
Introduzione
Regesto dei luoghi in cui si conservano i manoscritti autografi
delle lettere azegliane
Abbreviazioni bibliografiche
Abbreviazioni archivistiche
Avvertenza
Nota al testo
Lettere
Regesto delle lettere di vari corrispondenti a Massimo d'Azeglio e ad altri
Indice delle lettere
- Per ordine cronologico
- Per destinatario
Indice del Regesto delle lettere dí vari corrispondenti a Massimo
d'Azeglio e ad altri
Indice delle opere artistiche azegliane citate
Indice dei nomi di luogo
Indice dei nomi di persona, delle principali opere citate e dei personaggi
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a cura di Georges Virlogeux
MASSIMO D'AZEGLIO - EPISTOLARIO (1819-1866) - VIII
editore CENTRO STUDI PIEMONTESI
edizione 2013
pagine 580
formato 18x25
rilegato con sovracoperta in b/n
tempo medio evasione ordine 2 giorni
36.00 €
32.40 €
ISBN : 978-88-8262-198-8
EAN : 9788882621988
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