Dal vizio di scrivere a quello di vivere: l'itinerario tormentato e insieme
fascinoso del grande scrittore, sospeso tra fervori d'arte e ansie esistenziali.
NOTA
DEL CURATORE
Franco Vaccaneo
Terminando di mettere insieme una scelta commentata del materiale documentario
raccolto per alcune mostre pavesiane in Italia e all'estero, avverto il
lettore che solo di questo si tratta: una biografia attraverso le immagini
dietro cui ci sono anni di frequentazione di carte, libri, luoghi, amici
e nemici di Pavese. Nelle sue Langhe il 4 di agosto s'accendono ancora
i falò che rappresentano la fecondità della terra, come la luna, antichissimo
simbolo della fertilità femminile, da Leopardi a Pavese amica dei poeti.
Così le colline per una sera s'illuminano.
Come fare per liberarsi dalla suggestione dei luoghi, dalla complicità
di paesaggi e stagioni che, fin quando esisteranno queste colline, avranno
sempre un sapore inconfondibilmente pavesiano?
Forse ritornando a Pavese, tanti anni dopo, come a un classico e alle Langhe
come a un paesaggio immateriale, ormai consegnato agli archivi della letteratura
e, quindi, indipendente da quello reale. Non è facile per chi, su queste
colline, è nato e i luoghi li ha succhiati col latte materno, ma neanche
per chi li viene a cercare da molto lontano, dopo averli scoperti e amati
sui libri.
Spenti i falò, i primi temporali segneranno la crisi dell'estate e, con
Baudelaire, non ci resterà che dire: "Adieu vive clarté de nos étés trop
courts".
Ma, mentre scende quieta la dolce e magica notte di Langa, sento crescere
un debito di gratitudine: verso i tanti amici con cui, in questi ultimi
anni, ho condiviso la passione per la cultura come la intendeva Pavese,
finestra aperta sul mondo e su se stessi, riflessione sulle proprie ragioni
di essere ma anche stimolo per operare nel brevissimo tratto che la storia
ci concede.
E verso chi, come Pavese, ci ha insegnato a scrollare la polvere e le
ragnatele dai libri per farli diventare armi dell'intelligenza, lucerne
contro il buio, frecce scagliate verso il domani.
Settembre 1989
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[..]
I ragazzi pensavano al buio dei prati / e guardavano in faccia le donne.
Perfino le donne / non dicevano nulla e lasciavano fare. / I ragazzi pensavano
al buio dei prati / dove qualche bambina veniva. / Era bello far piangere
/ le bambine nel buio. Eravamo i ragazzi. / La città ci piaceva di giorno:
la sera, tacere / e guardare le luci in distanza e ascoltare i clamori.
/ Vanno ancora ragazzi a giocare nei prati / dove giungono i corsi. E
la notte è la stessa. / A passarci si sente l'odore dell'erba. / In prigione
ci sono gli stessi. E ci sono le donne / come allora, che fanno bambini
e non dicono nulla.
(Cesare
Pavese, Una generazione, da Lavorare stanca, 1934).
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Franco Vaccaneo
CESARE PAVESE N.E.
editore GRIBAUDO
edizione 2002
pagine 216
formato 19x27
cartonato con sovracoperta colori
tempo medio evasione ordine ESAURITO
12.95 €
12.95 €
ISBN : 88-8058-058-2
EAN :
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