Ora che siamo entrati nell'era tecnologica, ove tutto si rapporta al freddo nozionismo, a stereotipi verbali standardizzati in cui il modo gentile di porgere parola, di ricambiarla, l'interiezione colorita di sorpresa, di compiacimento, sono ridotti al denominatore comune d'un arido farneticare frettoloso con perenne ricerca del vocabolo straniero che fa tendenza, il vocabolario di uso quotidiano spesso e volentieri ricusa invito ed ingresso alla lingua piemontese, tacciata di vecchiume, di sorpassata espressività.
Lingua, tuttavia, che ancora, vive, nonostante il bastar-dume imperante, apprezzata e studiata da appassionati ed illustri glottologí e che trova ancora isole felici in campagna dove il prezioso patrimonio del lessico e della terminologia ha strenui e fedeli difensori.
La scrittrice Maria Corti afferma che il dialetto in genere ha costituito e costituisce un valido contrappeso ad ogni rischio di appiattimento espressivo e che, proprio nel mo-mento in cui si assiste al processo di dissoluzione del siste-ma dialettale, gli scrittori ricorrono più che innanzi al dialetto per arricchire la propria lingua letteraria. Sia come lessico popolare, sia come sintassi, sia come appello ad uno scrivere parlato, il díalettismo propone un'alternativa a quel tipo di lingua livellata e standardizzata cui i mezzi di comunicazione di massa vanno educando i parlanti.
Il prestigio ed il valore d'una lingua sono dati dalla civiltà e dalla cultura che essa rappresenta e di cui si fa portatrice; a questi dati distintivi, la forza e la creatività del "dialetto" porta tributo rilevante e di sostanza.
A questo punto, volendo esorcizzare ottimismo e speranza per quanto riguarda il futuro della nostra poesia, ci auguriamo un atteggiamento quanto più originale, innovativo ed essenziale da parte di chi vorrà maneggiarne gli attrezzi; un uso quindi del dialetto non più "coloristico" o comunque alternativo all'uso dell'italiano, non più come folklore o espediante stilistico, ma come lingua dell'esperienza e della poesia. Quindi, oltre alle vecchie argomentazioni sul dialetto definito come "lingua della realtà", "lingua dell'autenticità", questi lo si deve porre come "lingua della cultura", cioè come lingua che integra ed arricchisce il patrimonio italiano; nei suoi riguardi, non si tratta solamente d'una intonazione odi un colore, ma di ricchezza ed efficacia linguistiche strappate all'oralità. Spesso la parola dialettale evoca un luogo, un atteggiamento personale e collettivo, un modo di essere di un individuo e insieme di una collettività. Chi si riferisce con compiacimento alla scomparsa dei dialetti, non ha presente ciò che va perduto: l'impronta dell'individuo e del luogo; il senso d'una creatività personale, ma anche il porsi di un uomo rispetto ad un altro; la lingua dello "stare insieme", dell'app artenenza ad un destino.
Se quindi oggi il dialetto parlato arretra di fronte alla lingua, ecco che può e deve presentarsi come più puro, più adatto alla poesia, più vero ed autentico della lingua adulterata dall'uso dei mezzi di comunicazione di massa.
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Autun
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Sota 'n cel taconà / éd nìvoli an pastura...
Rivanda magg...
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Sara nen él cheur...
'T ei lontan-a...
Ed mi...
Ij bòt éd na ciòca...
Dà da menti...
Glossari
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Lorenzo Magrassi
BRASCA E VALOSPI
editore GIOVENTURA PIEMONTEISA
edizione 2009
pagine 88
formato 12x20
brossura
tempo medio evasione ordine 5 giorni
10.00 €
7.50 €
ISBN : 978-88-89768-35-8
EAN : 9788889768358
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