Le storie e le passioni del mondo della lana, da Garibaldi alle Millemiglia al Sessantotto, irresistibilmente evocate dal talento di una straordinaria viaggiatrice.
Ci sono luoghi che contengono le storie, basta saperle snidare. ll Biellese è uno di questi.
I boschi fitti e neri di paure indicibili, la selvatichezza della Baraggia, che taglia l'orizzonte di sterpi. Il fasto dei palazzi, delle chiese, la veglia perenne del Santuario d'Oropa. E, su tutto, la sagoma di pietra, di cemento, di ferro della ricchezza di Biella, la fonte delle storie: i lanifici. Antonella Boralevi narra, con la capacità di far "vedere" che l'ha resa una delle scrittrici più amate dai lettori e dalla critica, storie di lana e di passioni. Alessandro, operaio bambino addetto alla cernita della lana nell'anno in cui Garibaldi arriva a Biella, l'anno prima della spedizione dei Mille. Luigi Devio, erede di una fortuna fatta di lana e di lavoro, che si dimentica del peso che deve portare sulle spalle (il peso del suo nome, il peso del suo destino) solo quando corre, da pilota, il circuito di Biella, nell'Italia del saluto fascista, 1935. Dario, che ha vent'anni nel 1969 e lo mandano in Australia perché impari il mestiere di padrone.
E, intorno a loro, alle loro vite esemplari fotografate nell'attimo preciso in cui diventano storie di tutti, una miriade di personaggi, scene, visi, cose. Il tè in giardino con i cappelli fioriti, la mossa della sciantosa che si chiama Magda, vizio e veleno di Luigi, la sorella di Alessandro, troppo svelta a innamorarsi del tenentino di Garibaldi, la camerierina Mirella, che ha diciotto anni e già conosce la pena delle cose. Scherzi di ragazzi fortunati, il rombo delle Maserati, dell'Alfa di Tazio Nuvolari su per la salita dell'ospedale, padri troppo ingombranti, donne molto belle, fortune costruite dal nulla e fortune dilapidate in orchidee e rubini, eredità, cattiverie, eroismo, generosità. E l'antico ricetto di Candelo dove trovar protezione come dai barbari nel medioevo.
Passioni vive.
Un intrico, un brulicare e l'onestà della classe di imprenditori che hanno fatto di Biella il miracolo della lana: l'azienda e gli operai prima di tutto. Tre racconti che bucano il cuore.
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LA CAMICIA ROSSA
Alessandro ci va tutte le mattine. Presto, prima di andare in fabbrica. Che, in fabbrica, bisogna arrivarci alle sei e guai se sei un po' in ritardo, perché lungo la strada, dietro una punta di monte, c'era un cervo, proprio: un cervo. Con le sue corna che a avercele nella pancia chissà che si deve provare. Ma il signor Alfredo non vuole ragioni per nulla. Urla, picchia. E basta. Alessandro lo sa che di ragazzi come lui, che ci vorrebbero andare loro, a lavorare al lanificio, con le sue belle finestrone in fila e tutto il verde degli alberi dietro, ce ne sono tanti. E che è fortunato, lui, che gli danno cinque centesimi all'ora ogni giorno, che moltiplicato come gli ha insegnato la signorina Egle per le dodici ore che sta al bancone a fare la cernita, fanno sessanta centesimi. Due chili di pane, quasi. Alessandro cammina soddisfatto dentro la nebbia che lo protegge, tanto la strada la conosce e non c'è pericolo che salendo su dalla valle dell'Elvo inciampi e rotoli giù, per questi monti che stanano il cielo e i pensieri.
C'è quella brunetta con i capelli che fanno una punta proprio sulla fronte. A sua sorella gli piacerebbe, avercela lei. Invece no: ce l'ha la brunetta. Il nome, Alessandro non lo sa, ma non gliene importa: sono gli occhi che contano.
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Antonella Boralevi
BIANCO AVORIO
editore HEVER EDIZIONI
edizione 2005
pagine 128
formato 14x21
cartonato con sovracoperta a colori
tempo medio evasione ordine 2 giorni
14.90 €
12.00 €
ISBN : 88-900931-2-9
EAN : 9788890093128
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